Come funziona la ristorazione scolastica? Non bene

Ecco come funziona la ristorazione scolastica : tante belle parole e poca concretezza

A scuola come in ospedale una corretta alimentazione consente di facilitare fino dall’infanzia, l’adozione di abitudini alimentari in grado di promuovere la salute e la prevenzione delle patologie cronico degenerative di cui l’alimentazione scorretta e’ uno dei principali fattori di rischio.

Come abbiamo già accennato nell’articolo di approfondimento sulla alimentazione ospedaliera, circa 1/3 della ristorazione collettiva è legata all’ambiente scolastico.
Più o meno, ogni anno vengono serviti 300 milioni di pasti.

Ma prima, come funziona ?

La mensa scolastica è un servizio che l’ente non è obbligato ad istituire ed organizzare, inoltre l’utente può anche scegliere di non avvalersene.
Il Comune deve garantire locali conformi alle norme tecniche per l’edilizia scolastica, e fornire un servizio di mensa che garantisca un pasto di qualità nel rispetto delle norme igienico sanitarie, può gestire il servizio direttamente oppure appaltarlo a imprese private. In linea di massima, un pasto scolastico costa la metà rispetto a quello ospedaliero, circa 5 euro.
Le materie prime incidono sul costo totale del 30%, con il restante 70% invece che è legato al trasporto all’energia ai rifiuti agli scarti all’acqua utilizzata!
Ed il prezzo aumenta del 20% nel momento in cui abbiamo alimenti biologici

Biologico in mensa

 

Dal 2017, il Ministero ha presentato le mense biologiche certificate, a due livelli : argento ed oro, in base a quanti alimenti biologici vengono serviti.
Sintetizzando, oltre il 90% ti danno la medaglia d’oro, oltre il 70% quella d’argento.
Ovviamente, è ancora più importante che nei bambini il cibo sia meno inquinato possibile, per la maggiore tendenza ad incamerare pesticidi ed antibiotici rispetto ad un adulto. Insomma, il biologico è un investimento anche per la salute.
Dal 1996 al 2018, sicuramente un grande salto in avanti : da circa 70 mense biologiche, siamo arrivati a più o meno 1400. Delle 1036 che dichiarano la percentuale degli alimenti biologici utilizzati, 168 ne utilizzano almeno il 70%, 113 oltre il 90%.

Il Veneto è la regione trainante, sia per numero di mense biologiche, che numero di mense biologiche in relazione al numero di abitanti. Circa il 70% delle mense biologiche sono al nord, 16% al centro e 14% al sud.
C’è una bella notizia : esiste un fondo che permette ai comuni più virtuosi di accedervi per migliorare la qualità della propria mensa. Chiaramente, c’è un però. Il 55% dei comuni non applica i criteri ambientali minimi in nessuna categoria merceologica, e solo il 21% dei bandi presenta dei criteri ambientali minimi. Quali sono questi criteri? Almeno il 15% di carne, ahinoi, ed almeno il 40% degli altri alimenti deve provenire da agricoltura biologica.
Menomale che secondo le ultime linee guida è fondamentale la sostenibilità ambientale, l’attenzione ad un consumo consapevole e sostenibile.
Ripeto, come nelle linee guida ospedaliere, a parole bravissimi ed in pratica stendiamo un velo.

 

E se voglio portarmi il pranzo da casa?!

 

Il diritto allo studio non può essere condizionato dalla fruizione di un servizio a pagamento, come quello di mensa e la scelta del “tempo pieno” non può essere subordinata all’adesione al servizio di refezione. Dunque accanto alla possibilità per l’alunno di uscire accompagnato all’ora di pranzo e rientrare per la ripresa pomeridiana delle lezioni, alcuni giudici  hanno affermato il diritto dell’alunno a “tempo pieno”, che non aderisce al servizio di refezione comunale, di consumare a scuola un pasto domestico. E su questo argomento ogni anno escono nuovi articoli, con Cassazione e Consiglio di Stato che si contraddicono una volta dopo l’altra.
Si può, non si può, un bel quadro di confusione.
Il mio pensiero da 2 lire? Se uno studente vuole portarsi il pasto da casa, che lo faccia. Che le scuole, o i servizi terzi che se ne occupano, abbiano paura di perdere clientela? Molto facile parlare di sicurezza e problemi legati allo studente x che si sente male dopo il pasto da casa. Credo sia un diritto sacrosanto, a maggior ragione quando anche qui ci sono svariati problemi. Prodotti avariati, serviti troppo freddi o troppo caldi, con circa il 30% che viene per questi motivi buttato.
E non è solo il cibo a essere tenuto sott’occhio : importanti anche i locali dove viene effettuato il servizio ed il tempo d’attesa.

 

 

 

Ma insomma! La vuoi smettere con questi titoli di giornale ogni 2 per 3?!? Come sostiene Marco Bianchi, c’è una filiera controllatissima nei pasti consumati a scuola, ed è anche più sicuro del mangiare a casa dove rischi di non prendere correttamente tutti i nutrienti!!

 

Chi si occupa di gestire il menù?

Il menù viene elaborato da un dietologo o da un nutrizionista incaricato dalle amministrazioni comunali o dalla direzione scolastica. Il nutrizionista prepara un calendario a rotazione su un periodo di almeno 4/5 settimane per evitare il ripetersi dello stesso pasto e per diversificare il periodo autunno-inverno e primavera-estate. Deve essere data anche preferenza alla produzione locale, stagionale e biologica e, per quanto è possibile, alle tradizioni locali, al fine di promuovere l’educazione e la cultura del cibo.
Questa bella infografica presa dal Giornale del cibo può semplificare la questione, ed è anche molto carina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un rapporto interessante del 2014 fatto dal Ministero della Salute, mostra alcune situazioni : non tutte le scuole hanno una commissione mensa, quasi nessuna propone la frutta come spuntino, e non tutte applicano le linee guida. Addirittura, c’è un 2% che le conosce ma non le applica. Il solito studente indisciplinato!
E comunque, la quasi totalità delle scuole interpellate non ha risposto al questionario inviato dal Ministero.

Come nella ristorazione ospedaliera, è tutto delegato a società esterne per produzione e trasporto del cibo, soltanto il 3% delle mense ha la produzione in proprio.


Questo abbatte i costi, chiaro, ma allo stesso tempo rende più difficile controllare come funzionano le cose! Ah quindi è per questo motivo che spesso leggiamo di carni o altri cibi avariati e pieni di insetti? Oh yes.
Stare centrati sul management, evviva evviva che poi ci si ritrova in questa situazione.

Se torniamo un attimo alla sostenibilità, secondo questo rapporto di Legambiente, sono poco più del 50% le mense che donano il cibo in eccedenza. Ed ancora, aggiungiamo che la quasi totalità degli istituti utilizza posate e piatti usa e getta, ed il 16% nemmeno effettua la raccolta differenziata.

Con le ultime linee guida rilasciate poco tempo fa, arriva la consacrazione : a quanto pare, per una alimentazione a base vegetale servirà un certificato medico.

Ecco probabilmente quale è la differenza tra informazione e conoscenza : con la prima siamo in grado di disegnare i puntini, con la seconda riusciamo anche ad unirli.
E raramente, per non voler essere cattivelli e dire mai, ho visto da titolati/autorità/istituzioni comportamenti che mi rimandano alla seconda opzione.
A parole ti diciamo che bisogna favorire le proteine vegetali, frutta e verdura, e che bisogna essere tanto sostenibili e rispettosi del territorio : ma non sia mai che ti togliamo quel pezzo di animale morto dal tavolo che poi chissà cosa vai a rischiare! Come qualche protesta popolare di alcune settimane fa a Roma, da non crederci quasi.
Per altri spunti su questo argomento, su cui non ho voglia di commentare oltre, rimando a questo articolo completo di Vegolosi

 

Anche qui, come per gli ospedali, tante contraddizioni. Cose buone e cose meno buone. Nel momento in cui metti la gestione finanziaria al primo posto, è chiaro che le tue belle parole sulla importanza di far mangiare bene e far scoprire ai bambini tanti cibi diversi, vanno a farsi benedire.
L’importanza del biologico contrapposta all’utilizzo continuo di utensili usa e getta.
Il continuo rimandare alla sostenibilità rendendo quasi impossibile il mangiare in santa pace pasti completi di origine vegetale.
E poi, che le scuole ed i comuni si oppongano tanto strenuamente al pasto da casa, è qualcosa che personalmente non mando proprio giù : ma saranno anche fatti, ed eventuali responsabilità,loro?

Ma tanto, anche stavolta, saranno parole al vento.

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Autore dell'articolo: GG

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