Attività fisica : differenze fra pratica e teoria

Viviamo in un postaccio ragazzi : acqua sporca, cibo inquinato, aria irrespirabile. Però, finalmente anche l’OMS apre gli occhi e prova ad inserire il cambio di rotta. Sono state finalmente presentate le nuove Linee guida per l’attività fisica 2016-2020, documento che elenca le politiche generali e i comportamenti individuali che dovrebbero spingere gli europei a muoversi di più : “Ottenere una riduzione relativa del 10% della prevalenza dell’insufficiente attività fisica entro il 2025 costituisce uno dei nove obiettivi a livello mondia­le. Ottenere una riduzione relativa del 25% della mortalità preco­ce dovuta a malattie cardiovascolari, tumori, diabete o malattie respiratorie croniche. Ottenere una riduzione relativa del 25% della prevalenza dell’ipertensione. Fermare l’aumento del diabete e dell’obesità”. La mancanza di movimento è uno dei principali fattori di rischio per la salute. Ogni anno, infatti, in tutta Europa si verificano un milione di decessi (il 10% circa del totale) causati proprio dalla mancanza di attività fisica. Si stima che all’inattività fisi­ca siano imputabili il 5% delle affezioni coronariche, il 7% del diabete di tipo 2, il 9% dei tumori al seno e il 10% dei tumori del colon. Inoltre, molti paesi della regione hanno visto le percentuali relative al numero di persone sovrappeso e obese aumentare negli ultimi decen­ni. I dati sono allarmanti: in 46 paesi (l’87% dell’Europa), oltre la metà degli adulti sono in sovrappeso o sono obesi, ed in diversi casi si arriva a sfiorare il 70% della popolazione adulta. Vi ricordate quando abbiamo parlato della obesità infantile che dilaga nel nostro paese? E non è solo l’unico dei problemi, perchè gli italiani sono tra i più sedentari, con il 60% che dichiara di non fare mai sport o attività fisica, contro una media europea del 42% e un primato, quello della Svezia, che si ferma al 9%. A destare l’allarme è soprattutto la mancanza di attività da parte dei giovani.  Solo il 34% degli adolescenti europei di età compresa tra 13 e 15 anni è fisicamente attivo, e questo contribuisce all’aumento dei bambini sovrappeso ed obesi in Europa, soprattutto tra le fasce socio-economi­che più deboli. In alcuni paesi europei quasi il 50% dei bambini di otto anni di età sono sovrappeso e oltre il 25% è obeso, mentre in quasi tutti i livelli di attività fisica prati­cata iniziano a calare significativamente tra gli undici e i quindici anni di età, soprattutto tra le ragazze. L’educazione fisica, per il nostro sistema scolastico, è quasi un oggetto misterioso. Soprattutto ai livelli inferiori (scuole elementari su tutte), quelli fondamentali nella crescita dei ragazzi, perchè è qui che si gettano le basi per lo sviluppo sia del corpo che della mente. Eppure si fa poco o nulla per potenziare la presenza della ginnastica a scuola. A lanciare l’allarme il rapporto “Educazione fisica e sport a scuola in Europa”.
La nostra è una delle pochissime nazioni dell’Unione europea che, pur avendo indicato l’educazione fisica come materia obbligatoria, nelle scuole primarie ha consentito la completa flessibilità di orario. Vuol dire che gli insegnanti hanno facoltà di far svolgere attività fisiche ai bambini quando e come credono, una corsetta o una partitella di calcio come all’oratorio. Solo per fare un paragone: in Irlanda l’orario medio minimo annuo raccomandato per le scuole primarie si attesta attorno alle 37 ore, in Francia si arriva a più di 100 (occupando circa il 10% della didattica). Una materia che, dunque, assume pari dignità rispetto a tutte le altre.
Facendo un rapido calcolo, gli studenti italiani arrivano alla fine delle scuole elementari avendo accumulato un ritardo decisivo rispetto, ad esempio, ai loro colleghi tedeschi (per loro le ore ogni anno sono più di 80) e danesi (l’educazione fisica occupa 70 ore di lezione all’anno). Sommando mese dopo mese, il gap stimato può sfiorare anche le 500 ore. E non basta che le cose migliorino alle scuole medie e superiori. Qui, infatti, le ore obbligatorie di educazione fisica sono in media 66 all’anno, permettendoci di superare nazioni come la Spagna (ferma a quota 24). Restiamo comunque inesorabilmente indietro rispetto ai Paesi più virtuosi (Francia, Austria, Polonia Germania) dove anche i ragazzi più grandi devono svolgere circa 100 ore di sport per ogni anno scolastico.
Ma il problema non è solo di quantità. È anche di metodo. In Italia non ci sono linee guida precise che un insegnante deve seguire. L’ora di educazione fisica assomiglia più a una scampagnata che a un momento di sforzo ed esercizio. Altrove, invece, ci sono attività precise indicate come obbligatorie per i ragazzi. A farla da padrone la ginnastica a corpo libero e i giochi (generalmente con la palla), ma non è escluso che uno studente debba cimentarsi con l’atletica, col nuoto e persino con la danza (succede in tantissime nazioni, tra cui Belgio, Francia, Germania, Austria e Ungheria).
Linattivi­tà non solo ha un pesante impatto negativo in forma di costi diretti per il sistema sanitario, ma ha anche un elevato costo indiretto in termini di aumento dei congedi per malattia, delle inabilità al lavoro e delle morti precoci, di circa 910 milioni di euro l’anno, questo basato su popolazioni formate da 10 milioni di abitanti. Ma allora come invertire la rotta? Qual è la dose giusta di movimento per stare in buona salute?  L’OMS raccomanda agli adulti, anziani compresi, di praticare almeno 150 minuti a settimana di attività fisica a in­tensità moderata, anche per intervalli di tempo brevi. Bambini e giovani, invece, dovrebbero praticare un totale di almeno 60 minuti al giorno di attività fisica, da moderata a intensa. Questo riguarda non solo le persone, ma anche le città, che devono essere in grado di “Promuovere la buona salute per tutti e per tutte le fasce di età attraverso la cultura del movimento, secondo le abilità di ciascuno”. Questo il commento di Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp. “Le strategie dell’OMS che abbiamo presentato oggi ci incoraggiano : bisogna puntare su movimento, salute e stili di vita attivi. Chiediamo politiche pubbliche integrate e orientate a questi obiettivi”. La trasformazione delle città potrebbe avere risvolti positivi anche indiretti. E’ stato calcolato, infatti, che l’uso della bicicletta nelle grandi città creerebbe 76.000 posti di lavoro.
Che dite, è arrivato il momento di alzare il culo dalla sedia?
Fonti
http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2016/04/06/news/attivita_fisica_come_prevenzione_le_nuove_linee_guida-137057853/
http://www.tgcom24.mediaset.it/skuola/educazione-fisica-a-scuola-italia-fanalino-di-coda-tra-i-paesi-ue_3069555-201702a.shtml

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Autore dell'articolo: GG

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