Ho messo Essure nel 2012. Avevo 32 anni e due figli.
Nel 2013 ho iniziato ad avvertire dolori alle mani, una cistite, una bronchite, sangue dal naso, cose mai avute prima.
Nel 2014, ho iniziato a soffrire di dolori pelvici in maniera importante ed il ciclo era diventato sempre più abbondante.
Sono andata dal medico che mi aveva operata sia per avere conferma che le tube fossero ancora chiuse, perché al controllo dei tre mesi non mi avevano trasmesso molta sicurezza nell’ospedale in cui avevo fatto l’esame, sia per chiedere se il dispositivo poteva modificare in qualche modo l’andamento del mio corpo . Lui mi aveva rassicurata, dicendomi che una volta verificato il successo dell’operazione, col posizionamento ottimale, assolutamente nulla si poteva collegare più al dispositivo.
In seguito, ho iniziato a sentire spesso il collo gonfio e una volta ho avuto un linfonodo ingrossato sotto l’ascella sinistra. Sono andata dal medico di base, che mi ha consigliato semplicemente di tenerlo sotto controllo, potendosi trattare solo di un’infiammazione e di non usare deodoranti aggressivi, cosa che non facevo, perché non ne sopporto l’odore.
Nel 2015, per un paio di mesi, sono stata spesso con febbre e raffreddore. Dopo qualche mese mi si infiamma un’altra ghiandola, la Bartolini, che mi faccio asportare dal ginecologo di fiducia che mi aveva messo Essure. Nel frattempo, ogni anno facevo esami del sangue e delle urine, pap-test e pulizia dei denti. L’unica cosa preoccupante, per il mio medico di base era l’anemia, con un livello del ferro sempre più basso.
Verso la fine del 2015, ad ottobre, dopo aver fatto una pulizia dei denti e quindi anche un controllo, risultano, un’infezione ad un dente del giudizio, che ho dovuto estrarre, e diverse carie che andavano verso la necessità di devitalizzazione.
Nel 2016, inizio ad essere sempre più stanca nonostante non lavorassi e non avessi ritmi frenetici.
A maggio, sono rimasta quasi bloccata con la schiena, ma ho pensato al cosiddetto colpo della strega.
Fin qui, la mia vita l’ho considerata nella norma, anche se mi sembrava di peggiorare un po’ troppo velocemente, specie con la stanchezza.
Compaiono anche problemi intestinali, non riuscivo più a digerire determinati alimenti, in particolare la pasta e i legumi, e ipotizzo quindi un eventuale intolleranza, a causa dei successivi mal di pancia frequenti e delle afte in bocca. Decido quindi di rivolgermi ad una nutrizionista, la quale ipotizza un’infiammazione a livello intestinale e mi suggerisce e prescrive dei probiotici.
Infine, a novembre 2016 sono svenuta in seguito ad un movimento banale, associato ad uno scricchiolio della schiena. Questa volta, nonostante gli antinfiammatori, non riesco nemmeno ad andare in bagno da sola e resto immobilizzata a letto, sino a quando non sono costretta a chiamare l’ambulanza il giorno seguente. Al pronto soccorso mi somministrano un potente antinfiammatorio, mi fanno le lastre e mi prenotano, per il giorno dopo, una visita da un ortopedico, che non fa altro che constatare una debolezza muscolare.
Mi iscrivo in palestra dove, lo stesso istruttore conferma la poca tonicità dei muscoli, soprattutto al lato sinistro della schiena. Da allora, inizio a soffrire di “pungiture” lancinanti.
Durante alcuni esercizi di stretching, a fronte di alcuni miei dolori a livello pelvico, l’istruttore ipotizza un problema con due muscoli pelvici in particolare, psoas e ileopsoas. Vado da un’osteopata, la quale durante la sua pratica ipotizza un’infiammazione a livello intestinale (stessa ipotesi della nutrizionista) e poi un’infiammazione a livello pelvico.
Qualche settimana dopo, sono tornata in ospedale per i dolori insopportabili alla schiena uniti alla ricomparsa della sciatica. Ne avevo sofferto per due anni, dopo aver messo Essure, ma era scomparsa dopo una cura antinfiammatoria e dopo aver fatto delle lastre ed una elettromiografia alle gambe, in cui non era risultato nulla. Questa volta, al pronto soccorso, mi vengono fatti altri esami, tra cui quello delle urine, che confermano un’infezione alle vie urinarie, un’ecografia ad un rene, dal lato in cui soffrivo i dolori, un ecografia pelvica e una visita ginecologica, oltre a somministrarmi ancora, una terapia antinfiammatoria. Il nulla! Finché il ginecologo del pronto soccorso ipotizza un errato posizionamento dei dispositivi Essure come causa possibile dei miei dolori. Ma l’ipotesi viene smentita dopo aver fatto un ecografia interna e aver verificato il posizionamento considerato ottimale degli inserti.
Al rientro a casa, inizio a fare delle ricerche su internet, tra cui Facebook, e rientro in un gruppo chiamato, Essure in Italia problemi ( lo avevo scoperto già un anno prima, ma pensavo si trattasse di un gruppo creato per sostenere le donne a cui sfortunatamente, era stato messo male Essure e che quindi, avevano riportato dei problemi). In effetti ero uscita, perché consideravo invece questo metodo efficace e meno invasivo, tanto che lo proponevo, quando mi capitava, come valida alternativa, di sterilizzazione permanente.
Poi invece ho scoperto che all’interno di questo gruppo, vi erano donne che testimoniavano dei problemi dovuti alla presenza di questo dispositivo nel corpo, anche se questo era stato posizionato bene.
Richiamo il medico del pronto soccorso per dirgli che avevo scoperto un gran numero di donne in Italia, attraverso un gruppo Fb, riportare delle problematiche legate a questo dispositivo. Mi fissa un appuntamento il pomeriggio stesso, per prescrivermi qualche esame da fare.
Una volta lì, esterno subito al medico la volontà di volermi liberare di questi inserti, a prescindere, perché avevo letto che all’estero questo dispositivo è già considerato pericoloso per le donne e che da qualche anno, migliaia di queste, hanno dovuto asportare tube e utero, per poter sperare di tornare a riavere una vita normale e non invalidata dalla presenza di questi metalli nel corpo, di cui ancora non si conoscono bene le conseguenze che possono continuare ad esserci anche una volta fuori.
A questo punto però, la reazione di questo medico sembra essere sospetta ai miei occhi. Cerca di calmarmi, di minimizzare queste notizia, ribadendo il concetto legato alla posizione considerata ottimale, di questo dispositivo. E poi aggiunge che tra i sintomi da me riportati, non c’era la perdita dei capelli, come se quello potesse essere l’unico segnale allarmante.
E qui inizia il mio dubbio più grande, quello che nessuno mai, fino ad allora, aveva ammesso e cioè che ci fossero degli effetti collaterali causati dal dispositivo.Il mio ginecologo di fiducia non perde tempo, a questo punto, a darmi della “pazza”, dell’ ipocondriaca e ad offrirsi di togliermi Essure.
Sosteneva che io non avevo mai accettato l’idea di avere questi dispositivi nel mio corpo e perciò bisognava intervenire per evitare le proiezioni conflittuali che creava la mia mente con la manifestazione fisica dei vari sintomi che avevo.
Tutto questo verso la fine del 2016. Da allora è stato l’inferno: dolori sparsi a livello lombare e quasi tutte le problematiche elencate prima, male al petto, allo stomaco, mal di pancia, mal di testa, ogni tanto mal di orecchie, dolore a gomiti e ginocchia di notte, ai muscoli, quasi dappertutto.
Ma il dolore fisso e principale resta quello lombare che corre per tutta la spina dorsale, dal collo all’osso sacro. Spesso offuscamento della vista e tachicardia, perdita di concentrazione, gengivite, e altro ancora.
Inizio a raccontare questa storia assurda a tutti, al mio compagno che inizialmente ha faticato a credermi e alle mie amiche di sempre, visto che io non ho una famiglia di origine. Ad una di loro viene in mente di creare una pagina informativa ( https://www.facebook.com/Essure-Problemi-1803558489910662/) , il 19 dicembre del 2016, (pochi giorni dopo che scoppiasse lo scandalo Essure in Francia) anche in Italia, perchè le informazioni relative alla nostra salute sono un nostro diritto, un diritto di TUTTI che dobbiamo pretendere e tutelare.
Ad un certo punto, decido di provare a raccontare questa storia assurda, anche ad un neurochirurgo che mi propone una cura farmacologica (Lyrica), fino ad un’eventuale operazione. Volevo rimuovere gli inserti a tutti i costi , perchè ogni giorno che passava, cresceva in me il dubbio che potevano danneggiarmi sempre di più. Era possibile farlo, avevo già letto testimonianze in merito nel gruppo americano , francese, etc. ma non essendoci un protocollo per la rimozione, avevamo capito (io e il mio compagno), attraverso tutte queste testimonianze, quanto potesse peggiorare la situazione se l’inserto fosse stato tirato, tagliato o altro, in quanto potevano così rimanere alcuni frammenti nel corpo, e ritrovarsi così a rischiare che questo calvario potesse durare all’infinito . Quindi non me la sentivo assolutamente di rifare da cavia, specialmente dopo aver trovato dei medici insicuri, che volevano operarmi sotto altra diagnosi, così superbi e presuntuosi da non voler nemmeno prendere in considerazione un confronto con i loro colleghi esperti stranieri, che già da anni erano impegnati a fronteggiare questo problema.
Dopo qualche mese, all’inizio del 2017, abbiamo scoperto , dopo svariate mail scambiate con il dottor Novoa, che in Europa esiste il dottor Verseema, esperto nella rimozione sicura degli inserti.
Non avevamo ancora capito che fosse l’unico, assieme alla sua equipe, a poter garantire un’altissima percentuale di successo, senza dover necessariamente ricorrere all’isterectomia, che sembrava essere la soluzione che garantisse un certo livello di sicurezza, ma che si porta con sé diverse controindicazioni post-operatorie e che comunque, se non eseguita con certe attenzioni specifiche per Essure, potrebbe non essere risolutiva di tutti i problemi.
Ed ecco che torna la speranza che, forse, potevo tornare a riavere una vita normale, perché ormai Essure mi stava invalidandando, tanto che era diventato impossibile muoversi senza l’aiuto del farmaco. Le scosse continuavano ad accompagnarmi costantemente lungo tutta la spina dorsale.
Riuscimmo a prendere contatti con le donne olandesi e con il medico. Una coppia olandese ha addirittura risposto ad una mia ricerca, con l’offerta di ospitarci per il periodo dell’operazione e a seguirci nell’iter che questo comprendeva. Immediatamente dopo l’operazione, ho potuto constatare miglioramenti significativi su annebbiamento della vista, dolori muscolari notturni, fischi alle orecchie, gengivite, etc.
Rientrata in Italia sono riuscita, dopo qualche settimana, a smettere la cura farmacologica. Sono stata bene per un bel periodo, ma non sono mai guarita completamente con la schiena e con i problemi intestinali, per esempio. Quindi ho ricominciato ad indagare attraverso qualche altro esame, per cercare di capire come poter ritrovare un equilibrio che mi permettesse di riprendere con meno fatica anche il lavoro, cosa di vitale importanza per me, essendo sola con due figli.
Oggi mi sto preparando per seguire in maniera corretta tutte le indicazione datemi dall’esito del mineralogramma e, nel frattempo, sto cercando di migliorare la condizione della schiena con l’aiuto dell’agopuntura.
Non so se potrò mai più guarire completamente, non so nemmeno se sarò mai risarcita per tutti quei soldi che non avevo, ma che ho dovuto comunque spendere per curarmi, dovendoli chiedere in prestito. E pare che nemmeno converrà, a livello economico, sostenere un’eventuale causa. Rischierei di spendere più di quello che mi spetterebbe, ammesso e non concesso che vengano riconosciuti i danni.
Questa storia mi ha segnata particolarmente, perché ho potuto vivere indirettamente la tenacia con cui le americane si son battute e si stanno battendo e la fatica che stanno facendo per avere giustizia. Sono state capaci di coinvolgere nella stessa maniera anche tutte le altre donne/vittime degli altri Stati.
Alcune di loro sono state parte del documentario ” the bleeding edge” che ha ricevuto diversi premi, tra cui miglior documentario dell’anno. Poi c’è stata l’inchiesta mondiale “the implant files”. Mi auguro che anche in Italia si racconti dell’ennesimo inganno, da parte dell’industria farmaceutica, che sembra accanirsi particolarmente sul corpo delle donne.
Desidero che si racconti anche della fatica che si fa, per avere l’informazione corretta, della difficoltà da parte della società a solidarizzare con noi donne , ma anche in generale, della frustrazione che si prova per l’indifferenza di chi crede che la colpa in qualche modo sia sempre e solo tua, perché vige fortemente ancora il pensiero che un’ ingiustizia che colpisce un’ altra persona non ci riguarda.
È più facile credere che tu te la sia cercata che trovare il coraggio per ammettere che qualche responsabilità ce l’hanno anche quelle figure che agiscono in nome del dio denaro e non per contribuire a migliorare la vita dell’uomo. Non possiamo più continuare a negare che così facendo aumenta la sfiducia verso un sistema di cui facciamo parte, noi e le persone che ci stanno a cuore.