L’editoriale sul NEJM non è un trionfo: così mistificano i dati

Efficace al 95%: un trionfo! No.

Titoloni che si sprecano per i dati sul vaccino di Pfizer

 

Partiamo da questa semplice premessa su cui non ci sono dubbi: gli studi scientifici vengono spesso e volentieri mistificati. E per questo vanno, in ogni caso, presi sempre con le pinze. Le ragioni sono svariate: interesse dello sponsor, voglia dei ricercatori di arrivare alla pubblicazione, sia perché il mondo della ricerca e spietato e pur di guadagnare qualcosa, fama o denaro, si fa il possible ed anche l’impossibile; il desiderio dell’editore della rivista di vedersi citato più e più volte quel determinato articolo. E le case farmaceutiche poi riescono ad inventarsi di tutto: sapevate che sono anche arrivate a creare dal nulla una rivista scientifica pur di promuovere un farmaco?
Non solo mistificati, nel 70% dei casi non sono nemmeno replicabili.

Vi lascio a proposito il pensiero di Randy Schekman, premio nobel 2013 per la medicina:

“Le riviste scientifiche pubblicano in base all’appeal mediatico di uno studio, piuttosto che alla sua reale rilevanza scientifica. Da parte loro, visto il prestigio, i ricercatori sono disposti a tutto, anche a modificare i risultati dei loro lavori, pur di ottenere una pubblicazione. La tentazione di vedere i propri lavori pubblicati su quelle riviste spinge i ricercatori ad aggiustare i risultati, per renderli più accattivanti e “alla moda”. Tutto questo ovviamente a discapito di scoperte magari meno trendy ma più importanti e determinanti per il progresso.

Queste riviste, sono capaci di cambiare il destino di un ricercatore e di una ricerca, influenzando le scelte di governi e istituzioni. Sfruttano il loro prestigio, distorcono i processi scientifici e rappresentano una tirannia che deve essere spezzata, per il bene della scienza.
La scienza con le sue dichiarazioni è un’autorità in grado di influenzare le scelte di governi e istituzioni, e se è manipolabile da parte di chi detiene il comando delle principali testate scientifiche, è automaticamente vero che le affermazioni su temi sensibili possono essere orientate in base alle convenienze dei governi stessi o delle istituzioni.

Ah, ad esempio i governi che a scatola chiusa hanno speso milioni e milioni di euro per un vaccino? E giustamente non possono vedersi vanificato lo sforzo? Ma lo dico così, tanto per parlare. D’altronde, quando Randy disse queste parole, vincitore del Nobel, era perché era in realtà vecchio e voleva soldi e voleva diventare famoso.

Visto l’andazzo, possiamo vedere i pezzi di carta scientifici come la messa e la bibbia in latino, dove la scienza si fa religione ed impedisce consciamente di vederci chiaro. Comunque ci proviamo ad unire i puntini.
Ecco perché, ricordando quanto la realtà sia più importante, serve anche saper leggere criticamente un articolo scientifico, per capire come ci fregano. Adesso andiamo a leggere le critiche di Paolo Bellavite sullo studio in questione. Ma anche le sue, lo so, saranno parole al vento. 

Il N. England Journal of Medicine ha pubblicato i primi risultati del trial di fase 2/3 del vaccino anticovid Pfizer ( si chiama BNT162b2) [1]. Come era stato anticipato dalle notizie già trapelate, il vaccino vanta un’ottima efficacia: Dopo circa 100 giorni dalla vaccinazione, tra 18.198 vaccinati si sono avuti 8 casi di Covid-19, mentre tra 18.325 soggetti che hanno ricevuto il placebo si sono registrati 162 casi. Questa suddivisione dei casi corrisponde al 95,0% di efficacia del vaccino. L’incidenza cumulativa dei casi di Covid-19 nel tempo tra i destinatari del vaccino e del placebo inizia a divergere di 12 giorni dopo la prima dose.
L’editore scrive in un commento “This is a triumph.” [2]

Ci sono però dei problemi, e grossi.

Cominciando dal numero dei casi nei due gruppi, è possibile che ci sia una sfasatura nella denuncia dei casi. Per ragioni pratiche, gli investigatori si sono affidati ai partecipanti allo studio per segnalare i sintomi e presentarsi per il test. I soggetti del gruppo placebo hanno ricevuto una iniezione di soluzione salina, che ha causato molti meno sintomi del vaccino (soprattutto in termini di dolore, ma anche di stanchezza, mal di testa e male alle articolazioni o ai muscoli). I sintomi del vaccino sono in parte simili a quelli della malattia, per cui è possibile che i vaccinati fossero meno inclini a credere che i sintomi minori fossero dovuti al Covid-19 e quindi meno propensi a sottoporsi ai test. Purtroppo nella pubblicazione NON DICONO quanti tamponi sono stai fatti, né a chi. E quindi non si può escludere che alcuni casi di covid-19 nei vaccinati siano passati inosservati in quanto i sintomi erano in parte sovrapponibili a quelli del vaccino. Questa non è una mia idea ma lo dice lo stesso commento all’articolo comparso sul N.England e un altro commento comparso sul British Medical Journal di cui ho già riferito.
Inoltre, non sono stati riportati dei dati importanti, come il tasso di malattia asintomatica (che si potrebbe valutare anche nei vaccinati con un test rapido per una nucleoproteina diversa dalla spike). Quindi non sappiamo se e quanto i vaccinati sono stati veramente” liberati” dal virus.

Guardiamo meglio alcuni aspetti, cominciando dalla differenza tra rischio relativo e rischio assoluto.

L’incidenza del COVID-19 tra i non trattati è stata di 8,84 per 1000. Quella tra i vaccinati del 0,439 per 1000, cioè 20 volte di meno (il che fa appunto una efficacia del 95%). Ammettiamo che i dati siano veritieri (anche se ci sono i dubbi sopra citati, la differenza tra 162 e 8 è troppo grande per essere dovuta a possibili errori di quel tipo) e quindi partiamo dal dato che chi fa il vaccino avrebbe 20 volte meno di probabilità di prendere la malattia, RELATIVAMENTE a chi non lo fa. Ma quanto è il vantaggio REALE, concreto, per la differenza di rischio in termini ASSOLUTI? In termini assoluti il maggior rischio di prendere il COVID-19 in 100 giorni per i non vaccinati è stato di 162 meno 8 = 154 su 18325, cosa che corrisponde a 0,8 % di probabilità in più di ammalarsi genericamente di COVID-19 in chi non si è vaccinato.
In altri termini: una efficacia del 95% NON significa che se uno non si vaccina, egli si ammala quasi di sicuro! Significa che il rischio aggiuntivo di ammalarsi per lui/lei è attorno allo 0.8%.
Guardando lo stesso dato secondo una prospettiva di sanità pubblica, per evitare un solo caso di COVID-19 (di qualunque gravità, compreso un colpo di tosse) nel periodo considerato hanno dovuto vaccinare più di 100 persone. Questo non dipende dall’inefficienza del vaccino ma dalla bassa probabilità di ammalarsi. Ovviamente, se la protezione durasse a lungo, ad esempio per due o più stagioni, il discorso cambierebbe verso un maggior vantaggio a vaccinarsi, ma oggi non si può dire. Io per suonare le trombe del trionfo aspetterei ancora un po’.
Poi andiamo a vedere la tabella S5 in cui si parla dei casi “Gravi”. Guardando al dato dei casi gravi insorti dopo la seconda dose (cioè con immunizzazione piena), essi sono stati 1 su 21314 vaccinati e 4 su 21259 trattati col placebo. La differenza di incidenza è di 3 su 20.000. In altri termini, se è vero che i vaccinati sono stati maggiormente protetti, chi non si è vaccinato ha avuto 1 probabilità su 7000 di avere un COVID-19 in forma grave. Se vogliamo vedere le cose da un’altra prospettiva, possiamo dire che per ottenere il risultato di evitare un caso di covid-19 grave hanno dovuto vaccinare 7000 (settemila) persone.
Poi leggendo ancor meglio i risultati troviamo una frase molto netta: “Non sono state osservate morti associate a Covid-19. Né tra i vaccinati, né tra i non vaccinati.”
Menomale! Certo è una bella notizia. Sia per chi si vaccina, sia per chi non si vaccina. Il vaccino non ha salvato vite umane, finora. Speriamo bene per il futuro.
Come “trionfo”, lascia un po’ a desiderare…

Ma veniamo all’aspetto di cui sono più competente come patologo: Le reazioni avverse sistemiche.

Reazioni che si sono presentate in più del 50% dei vaccinati (soprattutto stanchezza, mal di testa e dolori muscolari) nella prima settimana e in più del 25 % nei tempi successivi. Le differenze rispetto al placebo erano molto nette. Leggiamo che “La reattogenicità sistemica era più comune e grave dopo la seconda dose che dopo la prima dose, sebbene la reattogenicità locale fosse simile dopo le due dosi”. Questo significa che il vaccino ha stimolato molto il sistema immunitario già dopo la prima dose e che il rischio di un eccesso di risposta alla seconda dose non è indifferente. Nell’articolo sta scritto che un grave affaticamento è stato osservato in circa il 4% dei riceventi BNT162b2, che è superiore a quello osservato nei destinatari dei vaccini influenzali potenziati per gli anziani[3].
Per quanto riguarda i morti tra gli sperimentatori leggiamo che “2 destinatari di BNT162b2 sono morti (uno per arteriosclerosi, uno per arresto cardiaco), così come quattro destinatari del placebo (due per cause sconosciute, uno per ictus emorragico e uno per infarto miocardico). Nessun decesso è stato considerato dagli investigatori correlato al vaccino o al placebo.
A questo punto sono sobbalzato sulla sedia, chiedendomi come si possa riportare un risultato così importante in modo così misero e incredibile. Per quanto riguarda i morti del gruppo del placebo, si riferisce che 2 su 4 morti sarebbero stati per cause “sconosciute”. Ma scherziamo? Tenendo conto anche del fatto che chi giudicava le cause di morte non avrebbe dovuto sapere se erano trattati con placebo o con vaccino (per non essere influenzato nel giudizio), come si può accettare che in uno studio di importanza mondiale si parli di cause “sconosciute”??? passi per ictus emorragico e infarto miocardico, che si potrebbero effettivamente verificare in un gruppo di persone così ampio. Certo denota scarsa precisione nell’esecuzione della ricerca.
Ma veniamo ai due morti dopo il vaccino. I lettori dovrebbero sapere che la “arteriosclerosi” NON è una “causa” di morte, né può costituire una diagnosi di morte. Essa è una malattia dei vasi sanguigni di tipo CRONICO, che può essere asintomatica e può durare anche 50 anni, e che porta a morte per le sue complicanze. E tra le sue complicanze può esserci la trombosi, che è a sua volta una reazione infiammatoria in eccesso ad uno stimolo infiammatorio cosi potente come potrebbe essere un vaccino di questo tipo. Quindi leggere “arteriosclerosi” induce chi se ne intende a dubitare della competenze di coloro che hanno fatto la diagnosi di morte e di coloro che hanno escluso il nesso col vaccino. Che questa sia una frequente evenienza è dimostrato in due lavori pubblicati quest’anno sulla rivista “F1000-research” (di cui ho già parlato abbondantemente). L’altro morto dopo il vaccino è morto per “arresto cardiaco”. Ora ricordo bene che quando studiavo medicina legale il professore ci disse: se vi chiamano a visitare una persona deceduta e dovete fare un referto, scrivere “arresto cardiaco”, non sbagliate mai. Tutti i morti hanno un arresto cardiaco. Penso con questo di aver detto abbastanza su quanto sia credibile questa diagnosi che a sentire loro assolverebbe il vaccino.

Infine, la cosa che come scienziato ritengo più grave di tutte.

Nella discussione gli autori scrivono letteralmente: “Sebbene lo studio sia stato progettato per seguire i partecipanti per la sicurezza e l’efficacia per 2 anni dopo la seconda dose, data l’elevata efficacia del vaccino, le barriere etiche e pratiche impediscono di seguire i destinatari del placebo per 2 anni senza offrire l’immunizzazione attiva, una volta che il vaccino è stato approvato dalle autorità di regolamentazione e raccomandato dalle autorità sanitarie pubbliche.” In pratica, ciò significa che sospendono la ricerca del gruppo placebo anzitempo. Sembra un discorso logico perché invocano l’etica, ma non lo è affatto. Infatti, la ricerca è stata fatta NON SOLO per l’efficacia, ma anche per gli effetti avversi del vaccino. Interrompendo ora lo studio progettato, non avremo mai risposta a metà del quesito cui si voleva rispondere: se il vaccino fa più bene che male, ovvero se permette di salvare vite umane. In pratica, resterà aperta, per sempre, la possibilità che i morti per conseguenze del vaccino siano in numero maggiore di quelli da covid-19. Contrariamente a quanto hanno voluto far credere, ingannando i lettori e (Dio non voglia) anche le autorità regolatorie, questa scelta è la meno etica che si potesse immaginare, perché vanifica anche gli sforzi fatti finora.
Privilegiare l’efficacia (discutibile, come si è visto) sulla sicurezza è poco etico e poco scientifico. Se poi lo si facesse per ragioni commerciali, sarebbe una scelta definibile con altri aggettivi.
A chi pensasse che critico “per partito preso” rispondo solo che le critiche e le opposizioni sono salutari nella scienza. Infatti aiutano a verificare meglio le ipotesi e a scoprire eventuali errori. Nell’interesse di tutti.

 

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Autore dell'articolo: GG

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