Quand’è che la smetteremo di morire?! Ecco il riassunto della situazione.

Quale il prezzo che siamo pronti a pagare per l’immortalità?

Andiamo a vedere quanto si muore in Italia

Ormai ho perso il conto delle volte che ho letto qualcosa del genere, sempre in salse leggermente diverse ma questo era il succo:
“Non si dovrebbe festeggiare, rispettiamo i morti.”
“Vorrei rivedere i miei nonni ma non voglio farli morire”
Siamo diventati improvvisamente attaccati alla vita degli altri, no cioè di chi condivide qualche gene e per questo motivo più meritevole di vivere. Ma ci sta eh siamo umani alla fine.
Ma ve la ricordate l’estate? La manifestazione di Firenze? I festeggiamenti della vittoria del Napoli della coppa Italia?
Tutte quelle persone radunate a Berlino o Parigi?
Vi ricordate quanto siano poco affidabili i tamponi e non da usare come strumento diagnostico?
Non si alzano dei dubbi quando le malattie infettive diminuiscono tutte drasticamente mentre il Covid aumenta imperterrito nonostante le disposizioni di lockdown?
Avete mai riflettuto, pre Covid, sulla possibilità di morire? Sulla possibilità che le persone intorno a noi muoiono? E che morivano a migliaia, ogni giorno, prima di questa situazione?

Ma tutte queste morti, perché?

993 morti dichiarati, record ed emergenza, questo il parere di Lorenzo Richiardi, 45 anni, professore ordinario di epidemiologia e statistica medica all’Università di Torino
Il motivo di tanti morti in Italia resta è un mistero. Una teoria è perché abbiamo una popolazione anziana, ma non basta. Solo Regno Unito e Spagna registrano simili perdite, mentre gli Stati Uniti sono più bassi e la Germania pure. La letalità del Covid non è drammatica rispetto ad altre malattie, ma se riferita agli anziani diventa devastante”.
Andiamo a ricordare, ad esempio, quello che il presidente dell’ordine dei medici della Liguria, Alessandro Bonsignore, ha detto apertamente.
Sembra però che le sue dichiarazioni siano finite nel dimenticatoio.
“In Italia si è deciso di inserire nei casi di Coronavirus tutti quelli che sono stati scoperti positivi o durante la vita o anche nel post mortem. Così noi stiamo azzerando la mortalità per qualsiasi patologia naturale che sarebbe occorsa anche in assenza del virus”
Non a caso, ecco che arrivano le parole dell’ ex direttore esecutivo dell’ EMA, Giorgio Rasi
“Bisogna iniziare a vedere se c’è un approccio omogeneo sul territorio italiano, perché questo numero è effettivamente più alto della media europea. Una riflessione va fatta senz’altro”
Ricordiamo le parole di un virologo, già presidente della società italiana ed europea di virologia, appena nominato presidente dell’AIFA, Giorgio Palù

STIAMO UNENDO I PUNTINI, VI RISULTA?

Non sono pareri del bar sport, pareri del “kuggino komplottista”, abbiamo una lista di persone impegnate nel mondo accademico ufficiale che ci raccontano una visione decisamente diversa della situazione.

Sulla questione tampone, è già stato detto tutto e di più : La contagiosità, la malattia, la capacità di trasmettere una malattia : basi di Sanità Pubblica ( che comunque ricordo come rientrino sempre nella logica binaria e ritrita della lotta tra salute/malattia, guardate qui se volete sentire qualcosa in più ) Scopriamo anche una possibile spiegazione per tutte quelle persone che, una volte negative, sono ritornate positive al tampone! Tra l’altro, rimanendo in tema tamponi, l’OMS ha cambiato le carte in tavola perchè ci si è accorti che l’isolamento può avere ripercussioni sulla persona che rimane in casa. Dopo siamo tutti bravi vero?
Ricordiamo sempre che NON nasce come test diagnostico ed è quindi una forzatura, quasi fraudolenta direi.

Andiamo a leggere le parole di Paolo Bellavite, che per l’occasione metto qui, per averlo a disposizione.

Essere positivi al tampone non è essere contagiosi : ecco perché!

Andiamo a vedere qualche statistica

Teniamo sempre a mente le parole lette prima : stiamo parlando, per rimanere in una dinamica meccanicista della malattia, di un Coronavirus che ha una contagiosità più alta della normale influenza ed una letalità molto bassa, lo ha detto il presidente dell’AIFA che sicuramente ha partecipato a chissà quante riunioni del mondo accademico ed ha certamente contezza di quello che dice, sempre che non debba ritrattare vista la promozione. Ma, come direbbe qualcuno, se non sei presidente AIFA stai zitto ed ascolti, giusto no?

Ho trovato questo grafico che racconta l’eccesso di mortalità in base alla fascia d’età, possiamo vedere quale sia quella più interessata.
Ognunə faccia la sua riflessione.

Qua invece abbiamo un grafico elaborato dalle statistiche ISTAT, da Fronte Ampio.

Ben 13 regioni su 20 hanno riscontrato una diminuzione della mortalità : questo vuol dire che in altre regioni c’è stato un aumento. Soprattutto al Nord, anche se in diversi capoluoghi di regione del centro-nord, le oscillazioni sono inferiori al 10% o, addirittura, negative ( Perugia, – 8,6% rispetto al 2015; Firenze, – 7,6% rispetto al 2015; Udine, -9,1% rispetto al 2017 ).E’ davvero spiegabile soltanto in questo modo l’aumento considerevole delle morti in alcune regioni del Nord Italia? Quello che ci dice l’ISTAT fondamentalmente è che le morti per Covid sono strettamente legate alla territorialità. Ma sapete quale è il bello di dire queste cose? Sono dei tasselli che ricordano come la malattia sia una interazione di tanti fattori, che non è soltanto legata al virus o al batterio. Di morire, si muore : capiremo mai davvero perché ci si ammala?

Perché è vero, e non c’è niente di strano nel dire che in alcune parti d’Italia si è morti in maniera significativamente più alta rispetto al resto del paese. Alla luce di tutto quello che abbiamo visto e detto prima, l’unica certezza che mi sento di dire è che qualcosa non quadra. Non quadrano le misure prese a livello nazionale, non quadrano le multe le mascherine e compagnia cantante.
Nel frattempo, sono state condannate chissà quante famiglie e persone per il lockdown ed i suoi effetti diretti ed indiretti, tangibili o meno.

Ringraziamo il Covid

Si dice che tutte le strade portano a Roma. Il Covid a Roma si sarà perso, avrà trovato qualche ostacolo insormontabile che gli ha impedito di mietere vittime al Sud Italia, proprio nelle regioni in cui le carenze del sistema sanitario sono maggiori, il virus è stato clemente.
Un virus clemente ma altrettanto tenace, capace di diffondersi nonostante distanziamento e lockdown : dove le altre malattie infettive fanno passi indietro, lui avanza inesorabile. Ma non al Sud Italia. Milano affonda e Napoli resta in piedi. I decessi del primo semestre 2020 non superano mai quelli dello stesso periodo di tutti gli anni del quinquennio precedente.
Grazie Covid per aver risparmiato la mattanza nel meridione.
Grazie Covid per aver fatto scomparire nel mondo l’influenza ed il morbillo.
Al netto delle battute finali, questa è la conclusione.
Questo sminuisce la sofferenza di chi ha perso un proprio caro durante questa situazione? No, assolutamente no.
Rende la morte di un over65 trascurabile perché era vecchio? No, assolutamente no.

Morire fa parte della nostra esperienza, ed anzi è l’esperienza più forte a cui andremo incontro. Forse è per questo che si fa una volta sola, o perlomeno non ne ricordiamo altre.
Pensiamo a questo : nel 2017, soltanto nel comune di Roma, ogni giorno morivano 42 persone. Più di una persona ogni ora.
Triste vero?
Pensate a quelle 42 persone, ai loro cari, ad amici ed amiche, chissà quante in realtà erano le persone coinvolte.
Vogliamo ampliare lo sguardo? In Italia, sempre nello stesso anno, soltanto di tumori e malattie cardiovascolari, 1132 persone sono morte ogni giorno. Parliamo di 47 persone ogni ora, quasi 1 morto al minuto. Tumori e malattie cardiovascolari, senza prendere le altre in considerazione. Era un anno record il 2017 per i decessi, così diceva l’ISTAT
Vogliamo ampliare lo sguardo? In tutto il mondo, nel 2017, sono morte 56 milioni di persone. Ogni giorno, ci lasciavano 154 mila persone. Stiamo parlando di oltre 6.400 persone morte ogni ora; più di 106 persone al minuto, più di una persona al secondo.

Non voglio che queste parole finali risuonino come un inno del “quindi chissenefrega tanto moriamo”. Perché non lo sono.
Questo mondo iperveloce non ci regala neanche la possibilità di stare male per un lutto, senza che questo diventi segno di una patologia psichiatrica per il DSM. Bastano 2 settimane lo sapevate? Non accetto questo, e non accetto che venga strumentalizzata la morte come feticcio per espiare i propri peccati, o per prendersela con quelle persone che, nonostante tutto, vogliono vivere.
Ma ormai, in questo mondo iperveloce, siamo arrivati al parossismo più totale, incapaci di trovare modi di comunicare che rispettino l’altro, le diversità o le minoranze, senza sfociare nell’estremismo più becero, nella polarizzazione più totale. Come si possa definire questa una democrazia, un mondo in cui vivere, davvero vi sfido.
Parole al vento, lo so già.


 

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Autore dell'articolo: GG

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