Quante difficoltà per la vaccinovigilanza: il “nessun nesso” è un ritornello

Perché la vaccinovigilanza è così difficile?

Come si stabilisce la correlazione causale di un farmaco?

Leggiamo le riflessioni di Marco Cosentino, farmacologo

Così funziona la farmacovigilanza

Nel definire il rapporto tra un evento avverso e l’assunzione di un medicinale, i criteri messi a punto all’Uppsala Monitoring Center dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO-UMC)  al primo posto la sequenza temporale e l’esistenza di SPIEGAZIONI ALTERNATIVE. Quando la prima è plausibile, il rapporto è definito possibile o probabile (quest’ultimo è più forte rispetto a possibile) a seconda della plausibilità di cause alternative.
I medicinali somministrati per tempi più o meno lunghi (cioè non in singola dose) offrono anche alcuni ulteriori punti di riferimento, dal momento che alla comparsa di segni di sospetta tossicità una delle prime cose da considerare è la sospensione del trattamento (DECHALLENGE). Se il disturbo scompare, la probabilità aumenta, fino alla certezza se, potendosi permettere la ripresa della somministrazione poiché si è giudicato il medicinale necessario e il rischio di disturbi accettabile, alla ripresa della somministrazione il disturbo ricompare (RECHALLENGE). In tal caso siamo di fronte a un nesso causale certo.
Si noti che fin qui non è entrata in alcun modo la plausibilità dell’effetto rispetto al meccanismo farmacologico del medicinale: l’esperienza insegna infatti che sono moltissimi gli esempi di effetti avversi dovuti a meccanismi diversi da quello principale responsabile dell’effetto terapeutico. Così ha poco senso farsi influenzare pregiudizialmente dall’idea che “questo farmaco non agisce così e dunque non può fare questo”. La medicina è pragmatica e se osserva qualcosa di imprevisto non lo nega bensì si chiede perchè non era stato previsto e che cosa la nuova esperienza può insegnare.
Di sfuggita, va notato che con qualsiasi farmaco è sempre necessario vigilare su possibili effetti avversi non identificati durante la sperimentazione clinica, che per molteplici ragioni non riesce mai a descrivere con la dovuta precisione tutti i potenziali problemi che un farmaco può dare.

Così funziona la vaccinovigilanza

E poi ci sono i vaccini. Per questi, da alcuni anni, abbastanza pochi, esiste un algoritmo dedicato  che – al contrario dei medicinali – di fronte a un disturbo conseguente a un vaccino si chiede in primo luogo se ci siano altre cause apparenti. E se non ce ne sono, ancora si chiede se esistano situazioni precedenti di problemi analoghi con il vaccino (ma ci si chiede come sia possibile arrivare a riconoscere la prima esperienza, se per definizione questa non è preceduta da casi similiuna sorta insomma di “comma 22).
Solo a questo punto si considera la sequenza temporale, ipotizzando di regola però che debba essere ristretta, sull’assunto che gli effetti di un vaccino si manifestano in breve tempo, peraltro non senza tornare a considerare possibili fattori contro l’associazione causale. Qui è spiegato bene quando e perchè si è arrivati a questo controsenso.
Alla luce di questo schema, è abbastanza evidente che al di fuori degli studi clinici risulti quanto meno non facile collegare un vaccino a un effetto avverso.
L’unica possibilità è che quest’ultimo si sia verificato durante la sperimentazione clinica, diversamente al di fuori di essa mancherà sempre “il precedente”, e il riferimento sarà in questo caso un complesso e spesso fumoso confronto tra la frequenza con cui il disturbo si manifesta nei vaccinati e la frequenza attesa nella popolazione generale. Con questo ragionamento in molti tra cui l’OMS hanno derubricato le morti che hanno seguito il vacino in tanti anziani a “eventi attesi” sulla base dell’anzianità stessa delle persone , la FDA ha escluso un’associazione tra paralisi del faciale e vaccino Pfizer malgrado quattro casi tra i vaccinati e 0 tra i non vaccinati, e infine l’EMA ha escluso probemi di impianti dell’ovulo fecondato malgrado una percentuale doppia col vaccino negli studi preclinici in ratte vaccinate vs non vaccinate (report FDA e EMA).
Risulta dunque probabilmente più facile, alla luce di questo quadro, comprendere il ritornello del “nessun nesso” ad ogni titolo di giornale su accidenti cardio e cerebrovascolari spesso fatali a ore, giorni o settimane da un vaccino. Molti che aderiscono immediatamente a questa lettura dei fatti sono probabilmente in buona fede. Altri preferiscono forse non cercarsi problemi. Ma nel complesso, il risultato origina dalle regole specifiche per i vaccini.
Pare questo peraltro un motivo più che convincente per valutare l’opportunità di smettere di considerare i prodotti covid a nostra disposizione come dei vaccini, cosa che sono e non sono, e non solo per il loro stato autorizzativo, bensì prima di tutto in quanto sono prodotti che contengono un principio attivo (RNA per Pfizer e Moderna, DNA per AZ e J&J e Sputnik V), con degli eccipienti (lipidi in un caso, dei vettori virali nell’altro caso), che dopo la somministrazione – esattamente come qualsiasi altri farmaco – hanno una fase di assorbimento che li porta nella circolazione sistemica, tramite questa si distribuiscono nell’organismo, localizzandosi in tessuti e organi specifici, e dopo un certo tempo vengono eliminati (gli RNA, i DNA forse no), e questo ce lo dicevamo qui già ad aprile . Poi a maggio è arrivata la conferma sperimentale della nostra ipotesi, prima per i prodotti a RNA ,poco dopo anche per quelli a DNA/vettore.
A dire che si tratta di prodotti che non sono semplici vaccini che introducono un minimo pezzetto di virus localmente e il sistema immunitario impara a riconoscerlo, bensì prodotti che fanno fabbricare ai nostri tessuti quantità di proteina S virale (quella responsabile dei danni da covid)che si distribuisce nel sangue e nei tessuti come un qualsiasi farmaco e, se arriva nel tessuto sbagliato e/o in quantità eccessiva e/o per troppo tempo, si scatena un problema, tanto più grave quanto più è alta la dose e delicato il tessuto.
In altri termini, se questa ipotesi sempre più sostenuta dalle evidenze sperimentali è corretta, questi prodotti sono come missili senza guida di precisione: li lanciamo sperando che cadano in zone deserte, purtroppo a volte (per fortuna raramente, ma quanto raramente non è dato saperlo) finiscono su case isolate, paesi o anche talora città. E allora sono dolori.
Quanto rari sono questi incidenti? La verità è che non lo sappiamo e di questo passo rischiamo di non saperlo mai.
Gli studi clinici per quanto formalmente ancora in corso sembrano essersi bloccati a due tre mesi dalla vaccinazione (dovrebbero durare 24 mesi) quando sono saltati fuori i numeri più mirabolanti. Poi più nulla.
Sono partite intanto le campagne vaccinali che somministrano milioni di dosi alla settimana. MA. Ma non rilevano sistematicamente gli effetti avversi, lasciandoli alla spontaneità della vaccinovigilanza, a sua volta “sabotata” dai criteri che discutevamo sopra. Quindi, il profluvio inquetante di notizie su problemi anche gravi fino al decesso nei vaccinati, che però stanno di regola nella cronaca locale e si concludono – o meglio esordiscono – con nessun nesso, fatti salvi i pochi casi in cui interviene la magistratura, che ovviamente non è il metodo più efficiente per capire sistematicamente che accade.

Una riflessione finale

Stiamo insomma nel pieno della confusione, certificata anche se non dagli spettacoli di nani e ballerine veri e propri, dall’intervento di testimonial e influencer che incitano anche i più giovani a vaccinarsi, quando ricordiamo che nei più giovani in generale il beneficio del vaccino è sostanzialmente NULLO.
E invece ai ragazzini le istituzioni giungono a offrire spettacoli gratis, alcolici superscontati, pizze, panini e gadget vari.
Pare un film distopico a basso costo, invece è il miglior piano anti-covid che chi ci governa ha saputo realizzare. E che è determinato a portare fino in fondo. Whatever it takes.
Forse per mettere tutta la situazione in una prospettiva un poco più sensata, evitando almeno di qui in poi altre tragedie, potrebbe bastare considerare i vaccini a RNA e a DNA/vettore non dei vaccini (lo sono solo in quanto immunizzano) ma bensì dei farmaci, dato che di questi ultimi hanno il meccanismo di azione, del tutto diverso da quello dei vaccini “per davvero”. E valutarne gli effetti avversi come tutti gli altri farmaci. Cominceremmo così ad avere dei dati di sicurezza più precisi e meno controversi, giungeremmo forse alla conclusione che converrebbe procurarsi anche o magari peferenzialmente dei vaccini “per davvero” ma soprattutto che il covid deve essere prima di tutto gestito come una malattia curabile, e come tale essere curata, dato che i dati dai paesi che hanno più vaccinato ci dicono che tra reinfezioni e varianti i casi si contano ancora a centinaia. E se le varianti paiono mettere in crisi i vaccini, nessuna fino ad ora si è mostrata meno che sensibile alle cure .
Chiacchierata con Marco Cosentino: abbiamo parlato di ricerca scientifica e dispositivi medici

Commenta

Autore dell'articolo: GG

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *