Tutti i dati degli ultimi anni sono stati gonfiati dai tamponi e statistiche falsate: altro da aggiungere?

La Premessa

col cucchiaino

Nessuno vuole negare o sminuire il valore di tutte le persone che, negli ultimi 2 anni, hanno perso la vita.
Nessuno vuole sminuire la necessità, per il modello biomedico, di disporre di terapie e trattamenti sicuri ed efficaci che possano supportare il sistema immunitario di ciascuno di noi.

Bonsignore e Bassetti.
Vorrei a questo punto aggiungere altri due tasselli che potrebbero aiutare a risolvere il puzzle:

Queste le parole del primario di cardiologia del Sacco, Maurizio Viecca, sempre ad Aprile 2020

“Non si muore di polmonite, si muore di trombosi!”

 

“Più di un mese fa ho osservato che i pazienti arrivavano ad essere intubati in 90 minuti. Impossibile che una polmonite desse questi risultati. Dopo aver guardato gli esami del sangue, notai che il d-dimero era particolarmente alterato. Questo esame indica trombosi in atto. Allora, contattando l’anatomopatologa del Sacco, lei mi disse di aver trovato embolia dei capillari polmonari.
Ho preso un protocollo utilizzato già venti anni fa, e modificato per l’occasione.
Lo stato non paga il farmaco, solitamente lo paga la casa farmaceutica, ma io non volendo rapporti con le aziende, ho comprato con la fondazione questi farmaci.
L’anticoagulante da solo non fa niente, vi è necessità di antiaggregante : per definizione parliamo dell’aspirina. Quando un paziente grave arriva, all’inizio diamo un farmaco 100 volte più forte, appena finisce continuiamo con l’aspirina.

In una situazione di emergenza, è necessario che vengano prese delle vie di emergenza. Se le cose continuano ad essere così, questo protocollo verrà applicato prima in altri paesi rispetto al nostro, dove lo abbiamo utilizzato per primi.
Con questo protocollo, puoi sviluppare polmonite ma non muori. Tutte queste morti sono legate fondamentalmente a 2 ragioni : pochi posti di terapia intensiva e la diagnosi errata.

 

TRATTARE IL COVID CON L’ASPIRINA

E confesso che volevo soltanto ribadire inizialmente quello che ha detto, cioè che la stragrande maggioranza delle morti è legata a due fattori: terapia errata e carenza di posti in terapia intensiva.

Invece qui c’è una nuova e inedita riflessione da fare: ancora una volta, la realtà precede la teoria. O meglio, parliamone in questi termini: nel modello biomedico, i medici sono abituati a registrare una serie di segni e sintomi ai quali associare una determinata condizione, che a sua volta è trattata con un principio attivo. Se i sintomi sono X e Y, e le persone rimangono persone, un bravo medico saprà quali farmaci funzionano per contrastare quel sintomo, quel segno, che può portare alla morte.
Mi sembra abbastanza lineare!

Per unire altri puntini, consiglio la lettura del seguente articolo. All’interno di questo pezzo, c’è un altro puntino da unire.
Se siete temerari, anche all’interno di quell’articolo troverete due parole chiave per altri due puntini da unire.

Quand’è che la smetteremo di morire?! Ecco il riassunto della situazione.

 

Il 34% dei positivi non è ricoverato per Covid

Andiamo a leggere l’ANSA

I dati emergono da uno studio Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) sui ricoveri di 6 grandi aziende ospedaliere e sanitarie: Asst Spedali civili di Brescia, Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Irccs Aou di Bologna, Policlinico Tor Vergata, Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino e Policlinico di Bari.

Secondo Fiaso, dunque, “un paziente su tre sia pur con infezione accertata al virus Sars-Cov-2, viene ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori”.

In tutto sono stati analizzati 550 pazienti ricoverati nelle aree Covid dei 6 ospedali: un campione pari al 4% del totale dei ricoverati negli ospedali italiani. La rilevazione è stata effettuata in data 5 gennaio. Dei complessivi 550 pazienti monitorati, 363 (il 66%) sono ospedalizzati con diagnosi da infezione polmonare. Mentre 187 (il 34%) non manifestano segni clinici, radiografici e laboratoristici di interessamento polmonare: ovvero sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus. La diagnosi da infezione da Sars-Cov-2 è dunque occasionale.

Per la stragrande maggioranza, il 36% del totale dei ricoverati positivi ma senza sintomi respiratori, si tratta di donne in gravidanza che necessitano di assistenza ostetrica e ginecologica. Il 33% è composto da pazienti che hanno subito uno scompenso della condizione internistica per diabete o altre malattie metaboliche, da patologie cardiovascolari, neurologiche, oncologiche o broncopneumopatie croniche. Un’altra quota, pari all’8%, riguarda pazienti con ischemie, ictus, emorragie cerebrali o infarti. Un altro 8% è rappresentato da quei pazienti che devono sottoporsi a un intervento chirurgico urgente e indifferibile pur se positivi al Covid. Infine, il 6% del totale sono pazienti che arrivano al pronto soccorso in seguito ad incidenti e richiedono assistenza per traumi e fratture.

Secondo Fiaso, da sottolineare inoltre la differenza di età tra i due gruppi di degenti positivi. I pazienti ricoverati per il Covid sono molto più anziani e hanno in media un’età di 69 anni mentre i soggetti contagiati privi di sintomi e ricoverati per altre patologie hanno in media 56 anni. Tra i soggetti che hanno sviluppato la malattia polmonare da virus risulta vaccinato con un ciclo completo di tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi solo il 14% di contro tra coloro che sono positivi al Sars-Cov-2 ma sono ricoverati per altre patologie è vaccinato con tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi il 27%. In entrambi i gruppi c’è una preponderanza di soggetti non vaccinati o che non hanno ancora fatto la dose booster.”

 

Due calcoli

Al momento, una fotografia fatta su 6 grandi ospedali italiani ci regala questa panoramica: su 100 persone ricoverate per covid, 35 sono soltanto positive al tampone.
Delle 65 persone ricoverate per Covid, con una età media di 69 anni, 10 sono vaccinate da meno di 120 giorni, 55 sono vaccinate da meno di 120 giorni o non vaccinate.

Ma questo potrebbe essere importante come dato: intanto, viene sostanzialmente ammesso (ma già si sapeva dall’inizio) che la possibile protezione dura 3-4 mesi.

Di quelle 55 persone, quanti sono i completamente mai vaccinati? Sono 20, sono 40, sono 55?

Se volessimo mantenere il dato tutto italiano che 7su10 sono non vaccinati, sui 55 rimanenti soltanto 10 persone potrebbero essere vaccinate, altrimenti cambia il dato!  Sarebbe molto interessante scoprirlo.

Altrettanto interessante quanto potenzialmente spaventoso è stato il commento sul comunicato Fiaso del presidente, Giovanni Migliore:

“Va riprogrammata l’idea dell’assistenza creando non solo reparti Covid e no Covid, ma è necessario realizzare nuove strutture polispecialistiche in cui sia garantita l’assistenza specialistica cardiologica, neurologica, ortopedica in pazienti che possono presentare l’infezione da Sars-Cov-2. Occorre pensare a reparti Covid per il cardiotoracico, per la chirurgia multispecialistica. Per l’ostetricia già in molti ospedali sono state realizzate aree Covid. A Brescia e Bari esistono anche degli ambulatori per la dialisi di pazienti positivi. Bisogna riprogrammare sulla base delle nuove esigenze l’assistenza sanitaria”

La medicina ai piedi del Covid: ragionando in questi termini, non ce ne libereremo mai.
Parole al vento.

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Autore dell'articolo: GG

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