L’obbedienza non è (più) una virtù

Ogni cittadino deve obbedienza alle leggi, ma deve battersi se le ritiene ingiuste, in
modo democratico e non violento, sapendo di dover pagare di persona.
Questa la sintesi della “Lettera ai Giudici” romani inviata dall’accusato priore
di Barbiana nel 1965
Ad oltre cinquantanni di distanza il dibattito sulle regole, sui valori di base
che guidano la nostra convivenza, basata su diritti e doveri, opportunità e ob-
blighi, libertà e limiti
si è improvvisamente riacceso, con ampia risonanza in
tema di vaccinazioni. Senza rispetto delle regole non potremmo vivere in società,
quindi l’occasione di una discussione pubblica sulle ragioni delle regole (in que-
sto caso l’obbligo vaccinale) rappresenta una preziosa opportunità per miglio-
rare la convivenza e aumentare la partecipazione. Il dibattito purtroppo è stato
spesso violento, non basato su evidenze scientifiche, caratterizzato da scontri me-
diatici disinformativi e interessi di schieramento politico, ma anche per questo
una riflessione verso un futuro dinamico e propositivo dovrebbe essere fatta da
tutti e in particolare dai decisori della salute pubblica e dagli operatori sanitari.
La vaccinazione è uno degli interventi di salute pubblica più efficaci e con un
elevato beneficio di costo-efficacia nel ridurre la mortalità e morbilità dovute ad
alcune malattie infettive. Tuttavia gli interventi sinora attuati devono essere im-
plementati e aggiornati perché i benefici non sono risultati ubiquitari (le disu-
guaglianze permangono) e seguono andamenti temporali, e questo accade
non solo in Italia.
Che cosa ha acceso il recente dibattito sulle vaccinazioni? L’informazione
pubblica delle diminuite coperture vaccinali pediatriche e le proposte di con-
trasto di recente attuate (l’obbligatorietà per l’accesso ai servizi per l’infanzia)
o ipotizzate (l’obbligatorietà per la frequenza delle scuole dell’obbligo). Che le
coperture fossero in diminuzione non rappresenta una novità essendo un fe-
nomeno in corso da alcuni anni a cui ha corrisposto l’aumento di casi di mor-
bilità e di ospedalizzazione per malattie prevenibili. È quanto successo per il
morbillo, anche in considerazione della ciclicità dell’andamento temporale
della malattia quando non si raggiunge (almeno) la fatidica soglia del 95% di
coperture. Valore indicativo (stimato) per quelle malattie ad alta penetranza/con-
tagiosità quali morbillo, pertosse e parotite. Tuttavia il picco di casi registrato in
questi mesi è simile a quello del 2011, che non ricevette tanta attenzione. Certo
se le coperture vaccinali fossero state mantenute, o ancor meglio aumentate, il
numero di casi sarebbe stato inferiore. Perché tutto ciò è avvenuto? Cosa è stato
fatto affinché questa recrudescenza fosse prevenuta? Una valutazione critica for-
male e trasparente sarebbe utile per comprendere, far comprendere e modificare
quanto, nella pratica, si è dimostrato insufficiente a tutela della salute pubblica;

anche perché a partire dal 2003 in Italia è attivo un piano per l’eradicazione del
morbillo (e della rosolia congenita) e a quattordici anni di distanza ci si ritrova
in situazioni analoghe. Nel recente dibattito il capro espiatorio è stato il rifiuto
alle vaccinazioni sostenuto in particolare dai movimenti antivaccinazione che
nel tempo si sono sempre più affermati; fenomeno non solo italiano e non re-
cente. In realtà, questo spiega solo una parte del fenomeno. Sappiamo che, sia
in Italia che in altre nazioni, il rifiuto vaccinale per ragioni religiose, filosofiche
o presunti motivi di salute rappresenta solo una parte. L’organizzazione del
sistema di offerta, la credibilità e autorevolezza degli operatori sanitari, le ca-
ratteristiche demografiche e sociosanitarie sono, per esempio, altri fattori che
contribuiscono alla diminuizione delle coperture. Il
catch-up necessario deve
quindi essere più complesso e articolato di quello previsto sinora con le sole in-
dicazioni dei Piani Vaccinali. Cosa è stato fatto in proposito e con quale risul-
tato in questi anni?
Le ragioni principali del rifiuto o ritardo vaccinale sono attribuibili al timore
degli eventi avversi della vaccinazione, al numero eccessivo di vaccini da som-
ministrare e alla dubbia sicurezza/efficacia attribuita ai vaccini. Preoccupazioni
comprensibili che una appropriata e continua informazione ed educazione sa-
nitaria potrebbero ridurre. Una necessità nazionale valida per tutti gli ambiti sa-
nitari, non solo quello preventivo, determinata dall’analfabetismo sanitario ge-
neralizzato. È difficile, per esempio, far comprendere il significato di “rischio”
o “probabilità” e conseguentemente le azioni correlate, ma questo è uno degli
obiettivi per una partecipazione attiva, consapevole e responsabile (anche) in
ambito vaccinale.
La sola estensione dei criteri di obbligatorietà non sembra andare in questa
direzione. Nessuno dei provvedimenti documenta il razionale della scelta ac-
compagnandolo con il numero dei non vaccinati che potrebbero essere recu-
perati così da esplicitare se questo
catch-up è potenzialmente utile per raggiungere la soglia del 95% di coperture dell’intera popolazione target. Nessun
provvedimento contempla alcuna valutazione nel tempo dell’esito e del processo
attivato. Tutto questo genera diffidenza, incomprensione, quando non aperto
contrasto. Sin dalla sua prima introduzione (il Vaccine Act del 1813), l’obbligatorietà ha alimentato scetticismo e anche reazioni violente. In Italia le azioni
politiche e giudiziarie che hanno accompagnato l’obbligatorietà dei vaccini an-
tipolio e antiepatite-B dovrebbero essere da monito per la trasparenza ne-
cessaria di un provvedimento che interessa e coinvolge l’intera comunità. Sa-
pendo, inoltre, che una ratificazione legislativa non è sufficiente a cambiare una
pratica.
L’Italia a differenza di altre nazioni, ha scelto in 4 momenti diversi (1937,
1966, 1968, 1991) l’introduzione di 4 vaccinazioni emanando 4 specifiche leggi.
Nel frattempo l’attuale calendario vaccinale contempla altre 10 vaccinazioni per
l’infanzia e 3 per gli ultrassessantacinquenni, raccomandate. Nel 1995 il Con-
siglio Superiore di Sanità, nella seduta del 15 novembre, ha indicato “lo spo-
stamento delle vaccinazioni dagli interventi impositivi a quelli della partecipa-
zione consapevoli della comunità”. Con decreto del Presidente della Repubblica
(26 gennaio 1999, n. 355) si stabilisce che “la mancata certificazione non com-
porta il rifiuto di ammissione dell’alunno alla scuola dell’obbligo o agli esami”.
I Piani Nazionali Vaccini ribadiscono che “particolare riguardo deve essere

dato al problema del superamento della distinzione tra vaccinazioni obbliga-
torie e non obbligatorie… abbandonando con l’indispensabile gradualità le pra-
tiche coercitive… per consentire l’evoluzione della politica vaccinale dall’ambito
degli interventi impositivi a quello della partecipazione consapevole delle fa-
miglie”. Nel 2007 la Regione Veneto (legge regionale n. 7 del 23 marzo) decreta
la sospensione dell’obbligo vaccinale, ancora vigente. Situazione che necessite-
rebbe di un aggiornamento anche normativo, politico e giuridico, basato sulle
evidenze scientifiche. Questo porterebbe anche al superamento dell’incom-
prensione generale tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per far posto
a ciò che è essenziale per la salute pubblica.
Ma qual è il modo più efficace per coinvolgere gli scettici sull’importanza
delle vaccinazioni? Risposta ardua, con la consapevolezza che qualsiasi inter-
vento si voglia intraprendere deve essere mantenuto e implementato nel tempo
e deve esserne valutata l’efficienza nei diversi contesti sociali. Recenti esempi utili
per la riflessione si possono attingere anche da realtà lontane da quella italiana.
Il colera è endemico in alcune nazioni con scarse risorse e annualmente si re-
gistrano 2-4 milioni di casi nel mondo. Vaccini orali attualmente disponibili,
sebbene non ottimali, sono efficaci se adeguatamente utilizzati. Per dare indi-
cazioni su quale iniziativa si è dimostrata più efficiente per aumentare le co-
perture vaccinali sono stati analizzati i risultati di 12 campagne vaccinali prima
di dare nuove indicazioni.
In Kenya l’invio di SMS di avviso e sollecito, con e senza ulteriori incentivi,
ha contribuito ad aumentare la copertura vaccinale della popolazione pediatrica.
L’utilizzo di Internet e dei Social Network ha trasformato le tradizionali fonti
di informazioni. In ambito sanitario la lotta tra informazione basata sulle evi-
denze scientifiche e quella su sensazioni, impressioni, esperienze soggettive è
spesso impari. Tuttavia un attento monitoraggio attivo delle informazioni dif-
fuse sia con i tradizionali strumenti di informazione sia su Internet, a partire
dalle comunicazioni ufficiali degli organi competenti, può essere efficace nel ri-
durre la diffusione di messaggi non chiari o addirittura falsi in tema di vacci-
nazioni.
Gli esempi disponibili sono molti e le modalità più efficienti possono essere
identificate anche a livello locale. Un singolo strumento sia esso facoltativo od
obbligatorio non è, da solo, sufficiente a garantire una risposta che è multifat-
toriale.
C’è grande differenza fra l’obbedienza cieca alle regole e l’obbedienza illu-
minata dello spirito critico: l’una è stupida e non evolutiva; l’altra è intelligente
e altamente evolutiva.
È uno dei principi del percorso educativo: educare bambini e ragazzi ad ub-
bidire alle regole, ma anche ad attivare e coltivare sistematicamente il proprio
spirito critico. Ecco, forse sono il progetto e il programma educativi condivisi
che mancano ancora a livello sanitario per tutti i cittadini quali appartenenti ad
una comunità: le vaccinazioni sono ovviamente solo uno dei capitoli di questo
progetto, ma trasversale e comune a tutti, indipendente dall’età, censo, ruolo e
professionalità.

Maurizio Bonati
Dipartimento di Sanità Pubblica
IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri, Milano

BIBLIOGRAFIA

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Autore dell'articolo: GG

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