Psicofarmaci : se li conosci, li eviti?

Siamo in balia di queste droghe, inutile girarci attorno. Sarà una nostra debolezza, l’incapacità di reagire in altri modi, oppure semplicemente troviamo il motivo che ci sembra più valido. Alla fine, arriviamo sempre allo stesso punto : siamo dipendenti. Ed in fondo, non necessariamente dagli psicofarmaci, può essere qualsiasi cosa, che allora sia l’ambiente il responsabile? Vivere in un sistema profondamente marcio, non aiuta lo sviluppo della personalità.

Si dice che chi va con lo zoppo impara a zoppicare, e che se la vita ti regala solo un martello allora saprai solo battere i chiodi.

Ma allora, i veri malati sono quelli che accettano e foraggiano questo modo ultracompetitivo e veloce di intendere la vita? Per evitare di dilungarsi in off topic, andiamo subito in SudTirol, e pensate che 392 bambini dell’età evolutiva sono sotto psicofarmaci, lo 0.4% del totale, e la percentuale sale drasticamente ad 1 su 5 se parliamo di bambini ospiti nei servizi residenziali.
Abbiamo già discusso di come il Ritalin sia più potente della cocaina, per cui lasciamo soltanto uno spunto, nel dire che 9 milioni di bambini accusati di essere affetti da ADHD sono stati danneggiati da questo farmaco.

Ma facciamo anche un passo indietro, ed andiamo nel 1967 a Portorico, dove dei medici si sono riuniti per spingere le persone ad assumere psicofarmaci.
Insomma, siamo tutti un pò pazzi no?
Non a caso il loro piano si denominava  “Farmaci psicotropi negli anni 2000 : cosa normale per persone normali”

Nel frattempo, è stato chiarito come gli antidepressivi portino a sviluppare il disturbo bipolare, e per non farsi mancare niente aumentano anche il rischio di antibiotico resistenza. Beh, sei una persona che mangia latticini e carne ed anche usi antidepressivi? Forse sarebbe il caso di cambiare le tue abitudini, per non parlare di come questa classe di farmaci sia pericolosa in gravidanza. Se sei una quasi madre sotto antidepressivi, devi sapere che hai il doppio della possibilità che il tuo bebè nasca affetto da ipertensione polmonare.
Abbiamo già visto tempo fa come la paroxetina rendesse facile il suicidio e non solo ad adolescenti e bambini, o mi viene in mente la Perdue : sapete, hanno messo in circolazione un farmaco, l’ Oxycontin che è stato “adottato dai tossici”, ma non l’hanno ritirato, anzi hanno proposto un trattamento di terapia! Centrato in pieno il punto : creo un problema ed anche la soluzione, una situazione win-win!
Non facciamo di tutta l’erba un fascio però, c’è chi prova a sviluppare protocolli che prevedano l’abbandono degli antipsicotici nei cosiddetti “malati psicotici cronici” perchè per loro, oh poveri, non è previsto nessuno stop alla terapia.

E poi negli Stati Uniti stanno messi peggio rispetto all’Italia, dove negli ultimi 20 anni, secondo l’American Journal of Public Health, le prescrizioni di benzodiazepine sono quasi raddoppiate e le overdose quadruplicate.
Più andiamo veloci, più molte persone non riescono a stare al passo, e nonostante siamo decisamente meno bravi degli USA, anche noi abbiamo le nostre invidiabili statistiche, e quella del SudTirol ne era un esempio.
Sono soltanto quasi 7 milioni le persone tra i 15 e i 74 anni, corrispondenti al 15,1% della popolazione di pari età residente in Italia, che hanno assunto psicofarmaci almeno una volta nel corso dell’anno, e poi due statistiche su cui vorrei riflettere : il 6% della popolazione tra i 15 e i 74 anni ha utilizzato psicofarmaci non prescritti dal medico, recuperandoli attraverso conoscenti e parenti, online e anche rivolgendosi anche in farmacia, e le tre “classi” che più assumono psicofarmaci sono : casalinghe, chi si è ritirato dal lavoro, pensionati.

C’è una piccola fetta di popolazione che pur di avere quello psicofarmaco, lo fa in via ufficiosa o quasi di nascosto. Non ci è dato sapere se lo fanno per fuggire dalla realtà o combattere un male fisico e psicologico : e facendolo con sotterfugi potrebbero farlo per paura di essere visti come soggetti malati ( grande rischio di comunicazione in psichiatria ma presente in tutte le specialità mediche) o perchè vuole semplicemente sballarsi. Mentre la seconda statistica mi porta a pensare che chi ha più tempo per sè, è quello che assume più psicofarmaci. Perché? Noia, insoddisfazione : cose che rientrano purtroppo nella logica del lavoro, e che conducono a depressione.

Questa piccola riflessione odierna è andata, e per finire, un estratto di una intervista a Stefano Benzoni, neuropsichiatra infantile, che ha un senso legata alla discussione di oggi!

Lo psicofarmaco per sua natura è un prodotto a metà tra lenimento e godimento, tra lo spettro della malattia e il mito del benessere. E in questo modo invade le produzioni culturali di massa dai ’60 in poi. La “moda” dello Xanax  viene da li, e può essere compresa solo recuperando una storia al centro della quale ci sono – dal lato della medicina – almeno due passaggi fondamentali. Il primo è che l’ossessione collettiva per il benessere oggi passa anche per una spietata “medicalizzazione” di ogni aspetto della nostra vita, minacciata dalle tossine, dallo stress, dai radicali liberi, dai grassi, dagli eccessi… Il secondo aspetto fondamentale riguarda il fatto che negli ultimi 15 anni la psichiatria ha operato una graduale “psichiatrizzazione” della normalità, promuovendo l’idea distorta che qualunque – o quasi – malessere psichico, anche minimo, meriti in fondo di ricevere una diagnosi e dunque una giusta cura.

I medici che prescrivono troppo e curano i “non malati” sono parte del problema?

La medicina sembra fare sempre più fatica a stare dalla parte della salute. Questo è un problema serio, che non c’entra molto con gli interessi delle multinazionali, ma piuttosto con il fatto che la nostra idea di salute sia sempre più debole e sempre più “sanitarizzata”. La saturazione psichiatrica della normalità è certamente un aspetto che non è generato dai medici, ma sul quale i medici dovrebbero interrogarsi con maggiore rigore.

Torniamo alla storia dell’uso dei farmaci a scopi ricreativi. Quali sono gli altri passaggi fondamentali di questa vicenda?

L’industria farmaceutica ha flirtato fin dai primi passi con il confine opaco tra uso e abuso. All’inizio del ‘900 circolavano vari prodotti a base di cocaina – il noto tonico Mariani – e sciroppi per la tosse a base di eroina. Durante le guerre mondiali vi fu una diffusione vastissima tra i soldati di farmaci a base di anfetamine, instradati a un consumo sotterraneo e fuori controllo. Poi, tra i ’50 e i ’60, parte l’onda dei barbiturici, presto sostituiti, come detto, da Valium e affini. Non a caso, insieme alla diffusione di questi farmaci per usi sanitari, si sviluppa anche una mitografia articolata, fatta di consumi promiscui, overdosi improvvisate, e – a volte – suicidi eccellenti.

Ma è condivisibile il collegamento diretto “anxiety nation” = boom dello Xanax?

Non c’è dubbio che i mutamenti sociali di questi ultimi anni stiano generando forme crescenti di alienazione sociale. Le persone perdono la loro connessione con le azioni, con il senso del tempo dello spazio del limite, dell’intimità e della morte. Tutto ciò sta generando profondi mutamenti nel nostro modo di intendere il benessere e l’ossessione collettiva per le isole di decelerazione a colpi di Spa e tisane non sono che la versione salutista di soluzioni più estreme.

C’era in passato una sorta di stigma sociale dietro gli psicofarmaci in passato, che ora è stata rimossa?

Penso abbia ragione Benedetto Saraceno (già direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Abuso di Sostanze dell’OMS, nda), quando dice che bisogna diffidare del termine “stigma”, specie quando è usato dagli psichiatri. Le campagne della psichiatria “contro la stigmatizzazione” dei pazienti psichiatrici tendono a contenere due tipi molto insidiosi di messaggi. Il primo, apparentemente benevolo, è che “in fondo siamo tutti un po matti” e che “tra la mia tristezza e la tua depressione in realtà la differenza non è poi molta”. Si tratta di un messaggio a prima vista bonario, salvo che veicola l’idea per cui, proprio perché siamo tutti un po’ matti, non si vede per quale motivo non dovremmo meritarci tutti una buona dose di psicofarmaci, ciascuno per il proprio insindacabile e privatissimo lenimento personale. Il secondo messaggio insidioso è che le battaglie della psichiatria contro lo stigma tendano ad assolvere in modo molto sbrigativo proprio gli psichiatri: il messaggio è “cittadini, non trattate male i pazienti psichiatrici! Noi si che sappiamo rispettare la loro dignità!”. Andate a chiedere ai pazienti come si sentono trattati di solito dai loro medici e poi ne riparliamo…

 

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Autore dell'articolo: GG

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