Tamponi fatti ai morti e non ai vivi : viva l’incompetenza

Questo è il modo in cui fronteggiare una emergenza?

“Mio marito è morto il 31 marzo, il 22 aprile ci dicono che risulta positivo ad un tampone fatto il 7 aprile”

Se ancora ci fossero dubbi, spero che vengano fugati al più presto. Non bastavano le forze dell’ordine più zelanti mai viste, per non dire altro. Non era sufficiente organizzare delle conferenze per dire nulla.

Una fase 2 che sembra più una fase 1.5

Parliamo di Dionea, una 75enne Torinese che ha perso il marito a causa del Covid19 a fine marzo. Soffriva di diabete e apnee notturne, quindi un soggetto già debilitato, ma stava bene. A metà marzo un amico contrae il virus, e qualche giorno dopo tocca a lui. Aveva tosse e spossatezza, viene ricoverato in ospedale, luogo in cui gli viene fatto il tampone e risulta positivo. Dopo essere stato trasferito in un reparto Covid, il 18 marzo, muore sempre qui 13 giorni dopo. Sappiamo che l’ospedale è tra i luoghi prediletti per contrarre l’infezione : possiamo escludere che si sia ammalato proprio in ospedale?

Non solo è stato portato via di casa senza poterlo abbracciare, cremato senza poter essere visto un’ultima volta : oltre il danno, la beffa.

Non una, non due, ben tre volte nel mese di aprile Dionea ha ricevuto una chiamata dal centro tamponi di riferimento per chiedere “come sta suo marito?” Avrà avuto una pazienza infinita, soprattutto quando al terzo tentativo, dalla cornetta si è sentita dire “signora noi abbiamo un tampone positivo di suo marito del 7 aprile”, ben sette giorni dopo la sua morte.

Alcune parole di Dionea

“Ma come si fa a ripartire con la Fase 2 se fanno tamponi intestati a persone già decedute e magari non riescono a comunicare l’esito ai pazienti a cui li hanno fatti davvero?”

Direi che ha detto quello che si doveva dire. Andiamo ad analizzare adesso una situazione nel milanese, in cui una ragazza viene abbandonata a se stessa.

Punto numero uno : diagnosi di Covid fatta al telefono. Punto numero due : nessun tampone.

Come posso fidarmi dei dati rilasciati dalle istituzioni quando risultano fatti tamponi ai morti e non ai vivi?

E se vogliamo aggiungere un terzo punto : disinteresse e incompetenza. Ha chiamato in serie ogni singola autorità, dal 112 alla protezione civile, senza avere alcuna delucidazione. Perché i tamponi vanno riservati ai casi più gravi, ma allo stesso tempo ti chiudiamo in casa sulla base del nulla. Sempre ricordando come i tamponi possano dare alto numero di falsi positivi, ed anche che la metodica usata non dovrebbe essere utilizzata come metodo diagnostico. Per aggiungere un altro piccolo tassello di riflessione, se vogliamo.

Anzi, ancora peggio : sarai tu stesso a chiuderti in casa per qualcosa che crederai essere buonsenso.

Queste due situazioni che raccontano delle istantanee su come le nostre autorità si stanno comportando, ci faranno riflettere? Cambieremo paradigma? E per restare sul pezzo, quante altre volte la diagnosi è stata fatta per telefono senza tampone? Non è che, forse, sia un modo per gonfiare le statistiche? Facendo anche risultare dei tamponi positivi a gente morta? Ma anche queste, saranno parole al vento.

Commenta

Autore dell'articolo: GG

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *