Quanto è importante che un paziente sia informato su rischi e benefici di un trattamento medico? E cosa succede quando quel trattamento deve subirlo un medico? Leggiamo queste due storie.
Alvin Cox, ex imprenditore edile che ha fatto fortuna in California costruendo edifici ad uso medico, e che una volta in pensione decide di vivere, insieme alla moglie, il resto della sua vita in mare, tra paese e paese.
Josh Blum è un oncologo specializzato nel cancro della prostata, medico curante di Al.
Quanto è difficile affrontare la parola cancro? Questi due uomini, da una vita così diversa, sono accumunati da un destino comune : diagnosi di cancro alla prostata.
Dove è cominciato tutto? Proprio dal test del PSA
Un test che emerge alla metà degli anni 80, 1985, presentato alla FDA dalla Hybritech come “strumento di monitaraggio per pazienti affetti da cancro alla prostata“. Relatore della presentazione, un famoso urologo, William Catalona, a libro paga dell’azienda che produceva il dispositivo. Notate qualcosa di strano?
Nonostante dalle trascrizioni dell’incontro non siano emerse prove a sostegno di tale affermazione, il dispositivo venne approvato. Pensate che il valore scelto come indicativo per una visita approfondita o biopsia, 4 ng/mL, è stato scelto in maniera arbitraria.. ed è stato proprio il Dr. Catalona a dirlo!
Come volevasi dimostrare, dal 1986 le aziende farmaceutiche sfruttarono il dispositivo in modalità off-label, consigliandolo come strumento per diagnosticare precocemente il cancro alla prostata. La Schering Plough pagò 1.2 mln nel 1989 per promuovere in maniera pressante lo screening del PSA.
Nemmeno 10 anni dopo, e ci si ritrova nuovamente nelle sale del FDA per discutere della approvazione del test del PSA come strumento di diagnosi precoce del cancro.
Nonostante dalle trascrizioni dell’incontro non siano emerse prove a sostegno di tale affermazione, il dispositivo venne approvato. Pensate che un relatore, Dr. James Montie, disse : “il PSA è il metodo più efficace per identificare il cancro alla prostata, ma non avremo dati che possano dimostrarlo per almeno 10 anni”
Scoperto nel 1970 da Richard Ablin, il PSA è semplicemente un marker della prostata, che nella migliore delle ipotesi ha un modesto significato clinico. Valore soglia arbitrario, non è cancro specifico, non indica la velocità di proliferazione del cancro. Una grande trovata di marketing per le aziende farmaceutiche, una tragedia mondiale che è costata chissà quante prostatectomie evitabili.
Se mettessimo in due stanze 1000 uomini, una che ha fatto il test ed una no, alla fine in entrambe le stanze moriranno 8 persone.
Se ammettiamo che 1 volta su 50 il test può avere un senso, 49 volte su 50 è dannoso per il paziente e può portarlo a conseguenze terribili e irreparabili.
Senza contare le migliaia di dollari che i governi vanno a rimborsare per questi esami e questi interventi, e quanti ci guadagnano da questo esame. Fortunatamente, nel 2009 la US Task Force si dichiara contraria a questo test come screening per il cancro alla prostata, e nel 2013 anche la Associazione degli Urologi Americana ha iniziato a fare passi indietro. Speriamo che il processo di distruzione creativa avvenga al più presto, per evitare di sottoporre a stress inutili medici pazienti ed anche le tasche dei consumatori.
Torniamo ad Alvin, ecco la sua esperienza.
“Nel 1994, dopo un risultato del PSA leggermente elevato, mi sottoposi a una biopsia e mi fu diagnosticato il cancro della prostata. Ero terrorizzato come qualsiasi altro uomo sentendo la parola “cancro”. Il mio punteggio di Gleason era 6, che mi piazzava nella zona grigia riguardo alla mossa successiva. Ma il mio urologo mi ha consigliato di prendermi un paio di settimane per digerire la cosa; poi avrei dovuto farmi rimuovere la ghiandola prostatica. Volevo il miglior chirurgo possibile, e trovai il Dr. Walsh, il padre della prostatectomia radicale nerve-sparing. Avrei dovuto aspettare un paio di mesi, così iniziai a leggere ed informarmi. La pila di dati era alta quasi un metro, cominciando ad analizzare le informazioni criticamente, considerando i pro e i contro dei trattamenti. E i dati indicavano che la mia aspettativa di vita sarebbe stata più o meno la stessa con o senza il trattamento. Inoltre, meno del 3 per cento degli uomini morirà di cancro alla prostata. Visitai numerosi biblioteche mediche e spulciai i dati di mortalità per cancro della prostata andando fino al 1950, anno in cui morirono 12.500 uomini per via di questa malattia. Quel valore aumentò in maniera graduale, schizzando poi dopo l’approvazione del test del PSA fino ad oltre 44.000 uomini. Ho quindi parlato di questa anomalia con un epidemiologo del National Cancer Institute, e mi spiegò che le morti per cancro alla prostata negli uomini anziani erano associate ad altre patologie, che potevano portare poi ad errori nella certificazione della morte. Dopo aver letto così tanto, non posso che pensare che il test del PSA porti gli uomini alla morte.”
Due mesi dopo aver diagnosticato il cancro ad Alvin, anche Josh fu catapultato in quella realtà. Come sarà stato per un urologo dopo 30 anni di diagnosi, riceverla lui stesso? Alvin da buon amico gli ha mandato tutte le evidenze del caso, per cercare quantomento di rallentare la corsa alla rimozione della prostata. Questa fu la risposta dell’urologo
“Al, i dati che mi hai mandato sono terrificanti, e mi fanno riflettere, ma sono un urologo che non ha fatto altro che rimuovere prostate per gli ultimi 30 anni. Non ho scelta”
Dopo la rimozione della prostata, gli venne una incontinenza talmente forte da dover sottoporsi ad un ulteriore intervento per mettere uno stent. Lo stent si infettò e dovette tornare sotto i ferri per altre tre volte, con una infezione tanto grave da distruggergli l’equilibrio, e farlo camminare con due bastoni.
Il dr. Josh morì due anni dopo per un aneurisma.
Anche Charlie Bennett, urologo specializzato nel cancro alla prostata, fu travolto dalla stessa diagnosi. Charlie era un medico informato, consapevole dei rischi dei trattamenti sanitari tanto da fondare un consorzio in merito – RADAR. Eppure, si fece asportare la prostata, ed ebbe un danno neurologico permanente alla mobilità di braccia e gambe.
Quindi stiamo dicendo “ah viva i pazienti ed abbasso i medici che sono stupidi e sono morti” ?
No, e dover spiegarsi in ogni minimo particolare diventa frustante.
Questo è frutto soprattutto del sistema in cui viviamo. Medici che avrebbero anche fatto a meno di operarsi, ma ci sono talmente tanti interessi e pressioni in gioco che si diventa piccoli, e lo stesso Josh lo dice, non posso evitare di farlo. Non c’è da stupirsi se alcuni medici lavorano con le aziende, se la maggioranza preferisce rimanere in silenzio. Mi sembra abbastanza ovvio, visti i fatti, che la rivoluzione medica, se proprio vogliamo considerare il mondo medico come una globale comunità scientifica, non avverrà partendo dai medici, dato che parliamo di un sistema chiuso, dove oltre le pressioni e gli interessi ci sono prepotenza gelosia nepotismo e chi più ne ha più ne metta.
E non tutti i pazienti possono essere bravi e fortunati come Alvin, che ha avuto il coraggio di mettere in discussione quella diagnosi e di uscirne vivo, semplicemente grazie alla sorveglianza attiva, che spesso nemmeno viene menzionata dagli urologi. Ciò non toglie che professionisti del settore possono essere utili per un semplice che niente sa di medicina.
Parole al vento? Chissà