“Questa non è medicina basata sull’evidenza: plausibile parlare di fallimento della campagna vaccinale “

Condivido una interessante riflessione di Marco Cosentino. Non è facile dire cose del genere in un clima di intransigenza. L’ortodossia dell’accademia potrà mai migliorare le cose?

Se fosse necessario ribadirlo, così funziona: la scienza viene fatta dalle persone che la interpretano in base alle proprie credenze, in questo caso rimanendo comunque legati alla realtà della tecnomedicina. Non è un discorso si-no, per chi ha difficoltà a capirlo. Sapete, si può credere nella utilità delle vaccinazioni ed allo stesso tempo ritenere plausibile che questa campagna vaccinale sia un fallimento, e non soltanto dal profilo scientifico. Ed è assolutamente comprensibile, serve semplicemente più apertura.

Questa non è medicina basata sull’evidenza

Plausibile parlare di fallimento della campagna vaccinale

Stamattina ho pubblicato un paio di rapidi calcoli su contagi, ricoveri e decessi da variante delta in UK.

In sintesi:

(i) minore probabilità di contagio dopo vaccino;

(ii) per i vaccinati contagiati, 36% in più di probabilità di finire ricoverati e 335% in più di probabilità di morire;

(iii) per i vaccinati ricoverati 220% in più di probabilità di morire.

La discussione che ne è seguita, con quasi 120 commenti al momento, ha messo in evidenza che:

(a) non si può quantificare la minore probabilità di contagio, che potrebbe anche essere solo apparente: i contagi sono riferiti a un semestre, durante il quale i vaccinati completi sono andati dallo 0 iniziale all’attuale 62%. Se usiamo i dati di oggi col 62% di vaccinati completi la protezione (RRR) è 82%, ma se usassimo un dato intermedio, ad esempio di metà maggio (31%), avremmo una protezione (RRR) del 22%, nulla. Tipo Israele. E forse è verosimile.

(b) vero anche che il dato dei minori contagi nei vaccinati è influenzato dai minori tamponi che questi fanno, altra cosa ragionevole da ipotizzare ma impossibile da verificare;

(c) poi c’è il fatto dell’età: in tanti hanno osservato che i vaccinati sono soprattutto anziani, dunque è ovvio che se si contagiano muoiano di più. E d’altra parte è noto che i ragazzini in salute se si contagiano quasi non se ne accorgono (tra l’altro, perchè vaccinarli?). Tutto giusto, può essere: ci vorrebbe qualcuno che sapesse recuperare i dati di vaccinati e non per fascia d’età e rifacesse i conti.

(d) ma come l’età contano le patologie croniche, l’essere sovrappeso o obesi, maschi rispetto a femmine ecc. Tutte caratteristiche di rilievo: come incidono su contagi, ricoveri e decessi?

(e) e si muore allo stesso modo se ci si contagia a Londra o in uno sperduto villaggio dell’interno? Se si è ricchi e benestanti invece che poveri? Se il medico ci ha assistito dai primi sintomi oppure se abbiamo trovato solo la sua segreteria telefonica?

E si potrebbe andare avanti a lungo, ma più che altro per dire che io penso che questi vaccini riducano almeno un poco i contagi perchè lo hanno fatto negli studi autorizzativi, i cui dati sono stati controllati da agenzie regolatorie pubbliche come FDA e EMA che, pur travolte da enormi conflitti di interesse, sono l’unica risorsa che abbiamo per un minimo di valutazione chiara e rigorosa sui farmaci. E quei dati pieni di difetti e di buchi, si riferiscono ai primi due.tre mesi dalla vaccinazione. E quindi possiamo dirci che se ci siamo vaccinati almeno per due-tre mesi abbiamo un minimo di protezione in più, non assoluta, ma c’è. Senza esagerare.

E quegli studi non ci han detto altro: nulla sui ricoveri, nulla sui decessi, su questi ultimi il poco che ci han detto, verso i sei mesi studio Pfizer, è che pare non ci sia differenza, ma non erano comunque fatti per dirlo. Nulla sulle varianti, nulla sugli individui a rischio (così è una nostra ragionevole estrapolazione che convenga vaccinare gli individui a rischio, evidenze dirette non ce ne sono).

Nè ci sono controindicazioni in specifiche categorie, dal momento che gli studi in specifiche categorie non sono stati fatti: quindi chi è immunodepresso viene vaccinato perchè un po’ di anticorpi si formano, a volte anche tanti, ma non esiste uno studio che sia uno che mostri che gli anticorpi sono indicativi di protezione. E difatti nel covid chi ha più anticorpi son quelli che stan peggio, e i ragazzini sani che ne escono come da un raffreddore di anticorpi quasi non ne hanno. E anche qui potremmo andare avanti a lungo.

Ma solo per dire che di evidenza per l’uso di questi vaccini ce n’è pochissima, e che i dati epidemiologici sono interpretabili ed equivocabili a piacere, o meglio sono sostanzialemente impossibili da gestire. Così possiamo leggere di chi si compiace dei dati italiani, e liquida con una scrollata di spalle i dati israeliani o quelli islandesi, e così via.

Purtroppo abbiamo perso la possibilità di sapere qualcosa di certo quando gli studi autorizzativi, che già erano poverissimi e striminziti, sono stati interrotti vaccinando i controlli. Così io guardo ai dati di efficacia (scarsa) che ci hanno fornito e trovo plausibile il fallimento delle campagne vaccinali, e ovvio che chi si vaccina possa ancora contagiarsi e contagiare, altri guardano gli stessi numeri ma vedono i bicchieri mezzi pieni e se non sono abbastanza pieni ci versano un’altra dose.

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Autore dell'articolo: GG

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